You’ve dusted the non-believers
And challenged the laws of chance.(R.E.M. – All The Way To Reno)
Come forse avrete visto nei commenti, ho commesso un errore nella mia Roadmap sul workshop di Massa, affermando che il villaggio di Castle Combe nel Wiltshire non ha un fiume. Sono stato prontamente quanto gentilmente corretto da un utente: il fiume esiste, si chiama Bybrook River e a riprova della sua esistenza mi viene perfino inviata una fotografia. Questa.
L’utente mi ha dato il permesso di utilizzare l’immagine, anche se chiede di restare anonimo: una richiesta che rispetto, assegnandogli il nickname Reno, in omaggio alla canzone dei R.E.M. che sto ascoltando mentre scrivo queste righe.
Ciò che mi ha impressionato di questa fotografia è una conferma, in retrospettiva, di qualcosa che avevo scritto sempre nella Roadmap citata: ovvero che Borghetto sul Mincio mi riporta sempre a Castle Combe. Vorrei mostrarvi uno degli scatti fatti da me due giorni fa nella mia discesa verso Massa.
Non sto dicendo che sono fotografie gemelle, per vari motivi; non ultimo quello della diversa architettura, ma continuo a pensare che ci sia una sottile corrente in comune nascosta. Osservate questo altro scatto e confrontatene l’atmosfera con il primo.
Quando ho ricevuto lo scatto di Reno non avevo sottomano la fotocamera per rivedere le mie immagini, ma la mente è andata rapidamente a queste due. Credo che i R.E.M. abbiano ragione quando affermano
Wing
Is written on your feet
Your Achilles heel
Is a tendency
To dream
Il mio tallone d’Achille, questa volta, mi ha portato a ipotizzare questo scenario: «supponiamo che io debba presentare la prima e la seconda immagine, fianco a fianco, su una rivista che narri le vite parallele di due villaggi fluviali: in quale modo le dovrei preparare in maniera da farle sembrare simili senza snaturarle?» Le versioni che vedete qui sono ben poco processate. La prima è un jpeg prodotto dalla fotocamera, tutto ciò che ho. La seconda (come la terza) è uno sviluppo da RAW con i parametri standard. L’unica cosa che ho fatto, identica su tutte, è una lieve maschera di contrasto per il web.
Il problema non è così semplice come sembra. Lo scatto di Castle Combe è autunnale, quello di Borghetto sul Mincio estivo; il primo è pomeridiano, il secondo vicino a mezzogiorno; la latitudine è diversa; il colore della vegetazione è diverso. Notate la marcata tendenza verso il giallo dell’erba nell’immagine inglese, legata anche al sole basso sull’orizzonte. Vorrei chiarire che io non voglio avere i colori uguali tra le due immagini: soltanto renderle più compatibili possibili senza snaturarle.
Mi serve un framework di riferimento, qualcosa a cui aggrapparmi per dare un senso specifico alla fotografia. Un framework, per me, si trasforma spesso in uno scenario. Lo scenario risponde alla domanda: «che cosa voglio dire con questa immagine?» Quindi, proviamo ad aprire un’ipotesi alla Sliding Doors: le due immagini non sono distinte, ora, nella mia mente, ma sono state scattate nello stesso istante, dalla stessa persona in due mondi paralleli – diversi, che non necessariamente si incontreranno mai, ma che in qualche modo confluiscono su questa pagina. (Lo ammetto. Il mio tallone d’Achille duole terribilmente in questo momento.)
A questo punto, scelgo un’immagine a caso: quella di Borghetto sul Mincio. Io stavo camminando sul ponte sopra il fiume e ho visto questa scena. Mi sono fermato e ho scattato la fotografia. Cosa mi ha attirato? L’insieme, certo. Il contrasto dei fiori magenta con il verde delle foglie. Ma soprattutto i tavolini del bar con le persone e, per ovvia conseguenza, le abitazioni. Al lavoro, dunque. PPW: con la precisa idea di enfatizzare per quanto possibile gli elementi che ho citato, e senza derive cromatiche estreme.
In parallelo, nell’altro mondo, Reno a sua volta attraversa un ponte e nota la scena. Non ha minimamente idea del fatto che lo scatto, forse semi-casuale, turistico, che sta raccogliendo è indissolubilmente legato a qualcosa che vive nell’universo a fianco. Tantomeno ha idea delle ripercussioni finali che questo potrebbe avere, come vedremo alla fine di questo articolo. Diciamo che Reno attraversa il ponte pensando: «bella, quella casa, mi piacerebbe viverci…» Di nuovo, il punto d’interesse è l’edificio, nel contesto di ciò che lo circonda. Non ci sono bar, ma Reno potrebbe decidere – se abitasse lì – di esporre il suo tavolo da giardino. Non sarebbe molto diverso.
Nell’immagine di Borghetto il canale B (RGB) ha un ottimo contrasto negli edifici e sarebbe quindi un buon candidato a una fusione in luminosità. Problema, però: rende la vegetazione troppo scura e il cielo troppo chiaro. La soluzione è frenare il suo effetto con una maschera di livello basata sul canale a (Lab), che protegga tutto ciò che ha una componente verde: la vegetazione, ma anche il cielo e l’acqua. Al 50% di opacità, l’effetto è questo.
Sui canali RGB di questa immagine Margulis sfodererebbe una delle sue fulminanti battute: «il canale R è come [inserire_nome_di_un_politico_a_piacere] perché occupa spazio per nulla.» Infatti è davvero poco contrastato e interessante. Lo sostituiamo integralmente con G, tenendo d’occhio i fiori: essendo magenta, sono chiari in R e scuri in G. Cambiando il metodo di fusione in Luminosità i fiori si scuriscono significativamente. A me sta bene, perché diminuisce leggermente il contrasto tra essi e le foglie. Una piccola curva di contrasto canale per canale in Luminosità, per enfatizzare soprattutto i mezzi toni e il risultato è questo.
Ultimo passaggio: Ombre/Luci con i parametri standard del pannello PPW, per aumentare in maniera discreta la leggibilità delle ombre, e Modern Man from Mars con una triplice selezione: l’acqua sulla destra, il cespuglio in primo piano, la casa al centro (compresi gli scuri della finestra). Del gruppo MMM ho mantenuto soltanto il livello relativo al colore, non quello della luminosità. Color Boost? No, grazie. Con il solito sharpening standard, questo è il mio risultato finale.
Versione eccessiva? Non è un grosso problema, in questo caso: basta una fusione opportuna con la versione precedente e si può utilizzare una versione intermedia tra le due.
Ora, il problema principale: l’acqua del fiume è l’elemento che a mio parere caratterizza di più le immagini dal punto di vista cromatico, ed è anche l’elemento più diverso. La media dell’acqua di Borghetto assume valori Lab attorno a 38L(4)a13b, mentre quella di Castle Combe si aggira attorno a 59L(1)a26b. In altri termini: l’acqua della fotografia di Reno è molto più chiara e più gialla. Quella di Borghetto, inoltre, ha una componente negativa più marcata in a che la fa tendere al verdastro.
La differenza di luminosità non mi preoccupa troppo, perché le condizioni di illuminazione sono diverse: il Bybrook River è assai più soleggiato. Tenderei però a uniformare di più il colore con l’altra versione. Se l’acqua ipoteticamente fosse blu intenso, me ne guarderei bene, perché dovrei snaturarla. La differenza sarebbe un punto di forza; ma qui l’area cromatica è simile, e io voglio lavorare sulla compatibilità. La vecchia regolazione Correzione Colore Selettiva funziona, in questo caso: una riduzione del giallo e del magenta nell’area dei Gialli porta a un colore credibile. Il problema è che cambia in maniera radicale anche il colore della vegetazione, che invece vorrei mantenere. Una maschera tratta dal canale a di Lab realizzata al volo con il pannello CPT di Giuliana Abbiati limita il problema. Il risultato è questo.
Se confrontiamo questo risultato con l’originale, la differenza è evidente. Però il punto cruciale è che l’immagine, allo stato attuale, è peggiorata, non migliorata. Presenta molta meno variazione cromatica, certi colori hanno cambiato tinta (osservate, ad esempio, il colore del muro e del tetto dell’abitazione di fronte) anche se non in maniera inaccettabile. In un paio di casi, lo spostamento è un bonus: alcune parti del fogliame più gialle, nell’originale, sono meno visibili e danno all’immagine un tono meno autunnale e più compatibile con quello di Borghetto sul Mincio. Per quanto riguarda la variazione cromatica globale, non ci spaventa visto che abbiamo strumenti in grado di indurre più variazione di quanta ce ne servirà mai; per quanto riguarda le tinte ci servirà un pizzico di fortuna. Vediamo cosa è possibile fare.
Se ha funzionato prima, forse funzionerà anche ora: fusione del canale B di RGB in luminosità al 50%, stavolta senza maschera. La vegetazione diventa più scura e più intensa, così come l’acqua, e la texture sui muri acquisisce contrasto.
Modern man from Mars, con i parametri di default e una selezione rettangolare che comprende buona parte della casa, la vegetazione a suo fianco e l’acqua. Ecco dove si arriva:
Abbiamo recuperato un po’ di tonalità gialla nell’edificio, e il fiume ha un colore più compatibile (anche se non uguale) a quello di Borghetto sul Mincio. Mi dichiarerei soddisfatto, se non fosse per un filo di tonalità fredda nei tre quarti di tono, in particolare nel tetto. Rimedio con una curva molto delicata nelle ombre (nel canale B) e con l’occasione rimuovo un po’ di verde dai mezzitoni, per impedire che l’acqua viri troppo verso tale tinta, con una curva nel canale G. Il mio risultato finale è questo.
A questo punto, la prova del nove: le due versioni affiancate.
Ritengo che questo sia un buon compromesso. Nessuna delle due versioni mi sembra molto lontana da un possibile “vero”, anche se gli interventi sono stati piuttosto aggressivi in alcuni casi. Non solo – l’omogeneità cromatica è maggiore rispetto a quella degli originali. Per quanto mi riguarda, sceglierei queste versioni, ma si tratta naturalmente soltanto del mio parere.
Ma come spesso accade in ogni scenario di sliding doors che si rispetti, c’è una sorpresa in attesa o forse in agguato. Quando meno ce lo aspettiamo, i mondi paralleli entrano in contatto; talvolta in collisione. E a quel punto, necessariamente, devono fondersi; non nel senso di Photoshop. Certo, questo è solo il mio tallone d’Achille, la tendenza a sognare, che in questo istante pulsa al punto di sembrare vicino a esplodere: perché noi sappiamo che questo è impossibile in realtà. Vero? Non è possibile: i mondi non si uniscono; e se si uniscono un qualche segno deve restare. Però, nel virtuale, forse…
Due livelli, una selezione con il Lazo poligonale. Maschera di livello. Pochi colpi di pennello, senza alcuna pretesa di precisione. Nessun cambiamento di scala dell’immagine, nessuno scontorno, nessuna regolazione successiva del colore. Nessuna rotazione. Nulla. Davvero, davvero siete sicuri che non sarebbe possibile?
Una volta vi avrei dato una risposta chiara. Ora posso solo dirvi che ne sono quasi sicuro, che sia impossibile. Quasi.
Buon tutto, a tutti. E un grazie a Reno per avermi inviato e lasciato usare la sua immagine. A questo punto, se mai lo incontrerò, sarà con ogni probabilità quasi per caso: a Castle Combe, o a Borghetto sul Mincio – due luoghi evidentemente coincidenti.
MO
Grazie Marco… Un bel regalo in una giornata per molti versi per me faticosa. Tra l’altro sliding Doors è il film per me molto significativo.
E’ Sempre un piacere leggere che quello che fai ti piace di brutto.
Oliv8 number one.
In un caso come questo credo che number one sia errato per definizione. Questo è un number two alla massima potenza, penso.
Bel tema, complimenti Marco!
Se posso dire la mia, cromaticamente è un ottimo risultato ma se le immagini dovessero vivere in coppia, Borghetto è da schiarire un bel po’.
E’ sempre una decisione difficile (quanto spingere in una direzione “non propria” un’immagine per fare un match percettivo con quelle con cui deve stare – in mostra, in un libro – senza rovinarla), ma in questo caso non avrei dubbi.
Grazie Davide, ti do ragione, si può e probabilmente si deve schiarire. Come dici, è una decisione complessa, e onestamente non ho valutato molto il lato luminosità, concentrandomi sul colore perché volevo comunque conservare il mood delle due immagini, e la luminosità, numeri a parte, è forse ancora più soggettiva del colore. A mio parere, il passaggio più interessante è quello relativo alla Correzione Colore Selettiva, che di fatto sfascia parte dell’immagine sulla base dell’atto di fede che potremo recuperare poi quello che abbiamo sacrificato; una costante del PPW, a ben guardare, che tra l’altro non prevede la CCS nel flusso di lavoro standard. Comunque grazie dell’osservazione!
When the child was a child… esisteva una geografia immaginata.
Tu, Marco, sei nel solco di un’antica tradizione: un cartografo che riproduce il mondo attraverso il racconto. L’affabulazione evocativa seduce la sensibilità, la eccita, sprona gli animi più curiosi all’esplorazione, agli incontri: suscita il desiderio dei luoghi del racconto (la “mancanza delle stelle” come i latini già sapevano). I luoghi, spesso, sono materia plasmata dai sogni.
Ci sarà tempo per una mappa razionale; quella arriverà al tramonto. Quando non ci sarà più il bambino che, sognando, sapeva stupirsi e osava porre domande…
Grazie per avere citato la radice della parola “desiderio”, Antonio. Lo faccio spesso anch’io perché la considero una delle radici più verticali della nostra lingua; proprio perché congiunge la terra alle stelle. Questo è importante, per me.