Flero è un piccolo comune a sud di Brescia: stando a Wikipedia, non raggiunge i 10.000 abitanti. In apparenza non è il luogo più ovvio in cui si potrebbe pensare di organizzare un workshop di correzione del colore, ma la cosa acquista molto senso se si considera il pattern ricorrente che ha caratterizzato i miei corsi e workshop fin qui. Lo schema è sempre quello: qualcuno partecipa a un evento e decide poi di portarlo a casa propria. A Flero vive infatti Piersimone Fontana, che aveva preso parte alla tappa di Teachers-on-the-Road di Verona dello scorso anno. Si è appassionato alla materia e, credo, al mio approccio e a metà dell’estate mi ha contattato con l’idea di organizzare “qualcosa”. Abbiamo iniziato a parlarne e il mio suggerimento è stato quello di cercare appoggio presso qualche circolo fotografico attivo e lungimirante che potesse essere interessato all’argomento, anche per avere un bacino d’utenza di persone potenzialmente interessate a cui attingere.
La realtà adatta a noi è risultata essere il Gruppo Fotografico Click di Flero, praticamente sotto casa sua, e alla fine di agosto abbiamo annunciato il workshop e iniziato la promozione. Questo incontro è stato il primo della serie autunnale, che salvo novità si concluderà a Roma il 7 dicembre; ed è stato, come ripresa dell’attività dopo l’ultimo workshop di Massa tenutosi a luglio, un buon rodaggio per alcune modifiche che come sempre cerco di fare nella linea didattica.
A dire il vero la richiesta originale di Piersimone era che io incentrassi la giornata sull’argomento della percezione. Questo mi aveva causato qualche perplessità, perché in questo genere di workshop un approccio troppo specialistico non è probabilmente quello corretto. Chi partecipa ha la sacrosanta esigenza di vedere applicate delle tecniche, pur inquadrate in un contesto teorico, e portarsi a casa almeno un’idea di massima sull’approccio pratico. Parlare di come una fotocamera registra la realtà rispetto al nostro sistema visivo è eccitante e interessante, ma non credo si possa incentrare un workshop introduttivo solo su questo. Per questo ho cercato di mediare: una necessaria introduzione percettiva per delimitare il campo d’azione, e poi la solita discesa attraverso gli spazi colore – Scala di grigio, come mattone su cui costruire tutto il resto, RGB, CMYK, Lab.
CMYK non è popolare tra i fotografi, ma credo che toglierlo dall’orizzonte sarebbe un errore, se non fosse altro per ragioni di completezza. Ci spendo il minor tempo possibile, ma lo cito perlomeno come metodo colore complementare a RGB. A dire il vero, e questo oggi a Flero è stato tangibile nelle domande che sono state poste, il vero problema pratico di chi lavora con le immagini è molto caratterizzato da alcune questioni di base che non hanno una risposta univoca: Photoshop o Lightroom? Catalogazione in Lightroom o Bridge? Quali passi vanno fatti in Camera Raw piuttosto che in Photoshop? Conviene utilizzare Camera Raw o un modulo di sviluppo proprietario?
Io vorrei poter dare delle risposte chiare e sintetiche a questo genere di problemi. La verità è che tutto dipende in ultima analisi dal flusso di lavoro che si sceglie di seguire: e non esiste un flusso generalizzato che sia ottimale per tutte le situazioni. Un’interessante osservazione venuta da uno dei partecipanti è stata la seguente: “perché Adobe continua ad aggiungere funzionalità a Photoshop, che è diventato un programma incredibilmente complesso con alcune cose che non vengono mai utilizzate da molti, invece di sviluppare algoritmi nuovi che siano realmente utili a chi si occupa professionalmente di immagini?” Anche perché oggi “occuparsi di immagini” è diventata un’attività estremamente variegata: ci sono i fotografi, ma c’è anche chi si deve rapportare con la preparazione delle immagini per il web, per quello che rimane della stampa offset, per l’editoria elettronica, e via dicendo. C’è chi fa post-produzione, naturalmente. C’è chi, semplicemente, scatta per passione e ha la possibilità di spendere anche una giornata su un’immagine, ma poi resta sconcertato vedendo che un intervento “impossibile” sulla carta, che sembrava richiedere certosina pazienza e svariate centinaia di colpi di mouse in forma di pennello o simili si può fare in dieci secondi con una curva in Lab. La domanda non è semplice, e spesso ce la poniamo senza trovare una vera risposta.
A tutto questo io aggiungerei una considerazione: una delle sezioni che più desta l’attenzione in questi workshop (e lo so, quindi la metto di solito subito dopo pranzo quando è più facile che l’attenzione stessa si rivolga altrove) è legata a quella che io chiamo “gestione del colore – in pratica”: senza grossi arzigogoli e voli teorici, alcune prescrizioni su come maneggiare i profili colore, a cosa servono, come va impostato Photoshop. Perché nel 2013 ci viene ancora proposto un programma le cui impostazioni predefinite sono le più dannose possibili per qualsiasi flusso di lavoro sensato: lo sono in teoria e lo sono in pratica. Il comando Cmd/Ctrl-Shift-K (che merita un’abbreviazione da tastiera, a differenza, per dire, di una regolazione come Esposizione) apre la finestra delle Impostazioni colore. Perché nel 70% delle installazioni che vedo rimangono i default che garantiscono a qualsiasi persona inesperta di non applicare mai un flusso di gestione del colore corretto? Perché nessuno la apre mai. E se la apre non sa bene cosa farci. Il motivo risiede evidentemente nel fatto che la cultura in questo campo latita, ancora oggi. Basterebbe che venissero modificate a livello di predefiniti le impostazioni colore del programma per migliorare lo stato attuale delle cose le cose. Ma ci sono, purtroppo, grafici e operatori che ancora non hanno chiara la differenza tra il metodo colore RGB e la sua incarnazione, per dire, sRGB. E le immagini finiscono sul web come bombe innescate, senza profilo colore, codificate con ogni probabilità in qualche spazio colore genericamente definito “profilo del monitor” quando, in realtà, non è il profilo di nulla.
Insomma, un mondo complicato e paradossalmente nessuno che ci voglia veramente mettere rimedio. La mia risposta è: portare cultura in questo campo oltre che, naturalmente, in quello della correzione del colore – che è un’altra cosa. La realtà è che credo anche nell’unico approccio che vedo possibile per dipanare le matasse complesse: suddividerle in pezzi piccoli e semplici, e metterli in fila, cercando di capire le loro interconnessioni. A volte si ha davvero la sensazione che venga guardato il problema sbagliato: è illuminante vedere gli sguardi di un pubblico anche non iper-specializzato nel momento in cui comprende che ciò che vediamo sul nostro monitor non è l’immagine ma una rappresentazione dell’immagine. Dimenticare questo fatto fondamentale è come confondere il proprio pensiero con la realtà. Cosa che, nella stragrande maggioranza dei casi, non è affatto una buona idea.
Vorrei infine ringraziare davvero i partecipanti al workshop di Flero, ben venti, per la loro presenza stimolante e attenta; assieme a Piersimone Fontana senza il quale, come ho avuto modo di dire, questo workshop non avrebbe avuto luogo. E, naturalmente, GF Click per la cordiale ed efficiente ospitalità: una bella realtà culturale che cammina ormai da vent’anni, tra mostre, eventi e seminari, alla ricerca della qualità.
E, mi permetto, una citazione doverosa e affettuosa per Lido Mazzanti, un amico di facebook da tempo: che al workshop non ha potuto partecipare, ma che ha fatto irruzione a un certo punto, vestito in maniera molto elegante, ha scattato una foto ricordo e se n’è andato di corsa come era venuto. Un matrimonio, credo, o comunque un evento “obbligatorio” lo ha trattenuto dall’essere uno di noi – ma non dal fare una visita che ha avuto sinceramente il sapore del rock’n’roll. E anche questo, per quanto mi riguarda, è partecipazione. Di quella vera, che si manifesta in tanti modi. E ci ha fatto omaggio di una delle sue famose foto psichedeliche: la sua compatta sta subendo una curiosa mutazione genetica e produce immagini che, francamente, sarebbero impossibili anche solo da pensare. Le Roadmap non hanno foto, di norma, ma stavolta devo fare un’eccezione: questo è il nostro gruppo oggi al momento dell’irruzione di Lido. (In prima fila qualcuno sta emulando l’Urlo di Munch. Io sono seduto alla sua immediata sinistra, guardando, con un maglione che sembra nero ma in realtà è blu – buona fortuna a capirlo):
L’ultima citazione, altrettanto doverosa, è per Claudio Stefanini: un altro amico di facebook con cui spesso abbiamo interagito su temi come colore, musica e dintorni vari. È venuto da Lucca, non esattamente dietro l’angolo, per essere presente, e vince quindi il premio di chi ha fatto il viaggio più lungo di tutti per essere con noi. Ha conosciuto, credo proprio in questa occasione, Piersimone Fontana che pure era un suo contatto virtuale. Quando ti senti dire “sai, discutevo su facebook con Piersimone che il tuo approccio all’incarnato…”, fa un certo effetto. Anche perché ti viene detto da una voce vera – allungando la mano puoi toccare la persona, non lo schermo. Bello pensare che le virtualità a volte diventino persone reali, e magari rapporto che prosegue. Ovvero, che qualcosa di apparentemente intangibile come i messaggi scambiati su uno schermo, possa diventare reale grazie a un obiettivo comune. Sinceramente rinfrancante.
Grazie, davvero, a tutti.
MO
Grazie a te, Marco! era ora che ci conoscessimo di persona, tra l’altro, e sentire da viva voce concetti per me già conosciuti hanno messo le sottolineature dove erano sparite. E un grazie a Piersimone ed alla sua bella famiglia che mi ha ospitato per una sera. E il tutto mi è costato solo…un dinosauro . Per spiegazioni chiedere a Piersimone 🙂
Marco, come sempre ha la capacità di variare lo spartito anche su argomenti per alcuni di noi già conosciuti aggiungendo sempre qualcosa di nuovo che risulta essere il trampolino per nuovi studi e riflessioni. Grazie.
Per Claudio : ora quel dinosauro diventerà un’ossessione, lo sai vero?
Lo so 🙂
Grazie a tutti… grazie tante Marco!
ohibò!
non mi ero resa conto della dominante magenta…
o forse erano i neuroni che cercavano di connettersi e capire…colore, frequenza spaziale, sfocato, l’urlo in realtà è lo sbadiglio ma è un pò come la storia del piccione…
:oP
grazie Marco,gli stimoli non mancano da tutto ciò solo ora…I have to practice with billion photographs
Se avessi dovuto dire qualcosa sul Workshop di Marco prima del suo inizio vi avrei augurato esattamente quello che tu descrivi perché è quello che è accaduto a me la prima volta che ho seguito un corso di Marco: in quel momento si immagazzina in modo confuso una serie di nozioni/ipotesi/teorie/pratiche,ma dopo qualche giorno tutto (o quasi) si fa più chiaro perché si digerisce a mente fresca e d’avanti a esempi. Si inizia a percorrere una strada che diventa sempre più lunga e fatta di ramificazioni/inner islands(direbbe Marco). Dipende solo dalla voglia di studiare la disciplina in modo rigoroso.Ciao
Gent. mo Marco, ho partecipato al tuo eccellente corso sulla CC a Flero. Lasciami dire che la fluidità dei commenti, dote a me sconosciuta, l’interesse degli argomenti e la mia voglia di imparare (anche se ho 60 anni) mi hanno fatto trascorrere una domenica “speciale”, complice anche una condizione metereologica adatta a questo tipo di lavori. Mi sto dedicando assiduamente all’applicazione delle nozioni che ci hai impartito, purtroppo l’ultima parte, complice forse un po di affaticamento, non riesco a replicarla, parlo della “mazzetta” nell’azione creativa della maschera di contrasto. Mi puoi dare una mano?? Comunque grazie di tutto e arrivederci ad un’altro incontro.
Gianfranco, grazie delle tue parole.
Allora, risolverei così: una ricetta stringatissima qui, e magari un articolo appena riesco a scriverlo, perché imparare come senza imparare perché è a mio modo di vedere controproducente. E non vorrei relegare una questione importante a una risposta a un commento che inevitabilmente si perderebbe nel tempo.
Il “come”, quindi. Ricordo che “mazzetta” è un termine coniato da Davide Barranca. Si riferisce al fatto che questa tecnica è abbastanza universale, come la mazzetta del muratore che può essere utile in contesti assai diversi, e può applicarsi in molti casi con ottimi risultati. In certi casi non funzionerà affatto, ma molto spesso porterà un miglioramento notevole in maniera molto semplice.
Pensiamo di partire da un’immagine con un solo livello; se ne ha diversi, il principio è lo stesso ma dovremo creare un livello composito con il famoso comando “nascosto” che chiamiamo Applica visibili: menu Livello -> Unisci visibili tenendo premuto il tasto Option/Alt.
Ricetta:
1) Duplichiamo il livello in questione.
2) Menu Filtro -> Nitidezza -> Maschera di contrasto con parametri Fattore = 500, Raggio = 1, Soglia = 0. Questi possono variare a seconda della tipologia e della dimensione in pixel dell’immagine, ma lo standard proposto ha questi valori.
3) Tenendo selezionato il livello a cui abbiamo applicato il filtro, menu Immagine -> Applica immagine. Come sorgente scegliamo lo sfondo (o il livello composito sottostante che avremo creato), metodo di fusione Scurisci, Opacità 50%. Applicheremo tutti e tre i canali, quindi Canale = RGB.
4) Sempre su questo livello, creiamo una maschera di livello.
5) Con la maschera attiva, menu Immagine -> Applica immagine. Come sorgente scegliamo lo sfondo (o il livello composito sottostante che avremo creato), metodo di fusione Normale, Opacità 100%, casella di spunta “Inverti” attivata. Applicheremo tutti e tre i canali, quindi Canale = RGB.
6) Cambiamo il metodo di fusione del livello su cui abbiamo lavorato da Normale a Luminosità.
Tutto qui.
Più dettagli nell’articolo, che spero di scrivere a breve tempo permettendo.
Grazie ancora!