Infinito no, ma quasi

Print Friendly, PDF & Email

Sapete che ogni volta che digitate la parola Google digitate un numero? Non mi riferisco all’equivalente dell’indirizzo Web quanto al fatto che se qualcuno a un certo punto non avesse sbagliato oggi non cercheremmo le informazioni su Google, ma su Googol. Non ho mai capito quanto la storia sia reale, quanto gonfiata e quanto leggenda metropolitana, ma si narra che al momento di registrare il dominio googol.com l’incaricato sbagliò e registrò google.com, per assonanza.

Perché googol? Edward Kasner era un matematico americano che nel 1938 pubblicò un libro in cui indicava un numero grande; molto grande: 1 seguito da 100 zeri. O, se preferiamo, 10^100, dove “^” rappresenta l’elevazione a potenza. Il nome di questo numero, ideato dal nipote di Kasner, era googol. I fondatori di Google decisero di utilizzare questo nome per indicare in maniera simbolica l’enorme quantità di informazioni presente sul web. Errore o no, il dominio venne registrato con un nome foneticamente identico ma graficamente diverso, e il resto è storia.

Perché scrivo tutto questo? Nel mio ultimo articolo, mentre facevo il calcolo delle permutazioni possibili di un insieme di lettere, ovvero quante parole si possono costruire a partire da un insieme di lettere date, mi sono posto una domanda pericolosa. Ho indagato un po’ e non ho trovato risposta; quindi ne ho cercata una, che mi sembra sufficientemente visionaria da meritare un articolo. Ma andiamo in ordine.

Prima di entrare nel merito, cerchiamo di mettere a fuoco la notazione esponenziale. Scrivere 10^100 è facile, scrivere 1 seguito da 100 zeri è appena più laborioso, ma altrettanto facile: basta stare attenti a contare. Ma che senso hanno questi numeri? Quanto sono grandi? Ovviamente nessuno potrebbe aspirare a possedere un googol di Euro, anche se riesco a pensare al nome di almeno un politico italiano che riuscirebbe a convincersi di riuscirci. Il problema è che dopo un po’, quando lavoriamo con gli esponenti, la realtà scivola via. Vediamo di fare un alcuni esempi, quindi, per mettere le cose in prospettiva, partendo da numeri maneggevoli.

Innanzitutto, consideriamo che spesso in questo campo si compiono approssimazioni brutali. Ad esempio, se la vita umana media si aggira attorno agli 80 anni, tecnicamente questo è 8*10^1. Facciamo cifra tonda: diciamo 100, che è un numero vicino anche se non vicinissimo, e la vita umana media si aggira attorno a 10^2 anni. Questo numero è definito, a volte in maniera vaga, ordine di grandezza.

La distanza tra casa mia e Milano è 200 km. Di nuovo, ordine di grandezza di 10^2. Ma per andare a trovare Marco Diodato a Londra devo percorrere circa 1.500 km. Cifra tondissima, e l’ordine di grandezza diventa di 10^3. Se volessi percorrere tutto l’equatore dovrei viaggiare per circa 10^4 km (c’è un fattore 4 che ho trascurato, ma non importa), e nella mia città una casa appena nella media costa ben più di 10^5 Euro, che è lo stesso ordine di grandezza che separa la Terra dalla Luna in km. Il Sole se ne sta parecchio più in là, però: i suoi 150.000.000 di km circa definiscono un ordine di grandezza pari a 10^8 km.

Certi numeri schizzano velocemente in alto: un paio di grammi di carbonio isotopo 12 contengono 10^23 atomi quasi precisi. L’età dell’universo espressa in secondi, dal momento del Big Bang a oggi, in confronto è un numero piccolo: dell’ordine di 10^17. Non dimentichiamoci che con gli esponenti non si scherza: il rapporto tra il numero di atomi in quei due grammi di materia e i secondi trascorsi dalla nascita dello spazio in espansione che ci ospita è pari a 10^6. Significa che se prendessimo un milione di atomi al colpo e li impilassimo in tante torricelle atomiche alte e strette riusciremmo a costruire una torricella per ogni secondo vissuto dall’universo con due grammi di carbonio. Tanti atomi, eh?

Insomma, stavo pensando agli istogrammi. Se tornate all’articolo sul Magimastro, il primo della serie “La teiera di Russell e Photoshop”, trovate il conto delle permutazioni che si possono fare con quattro lettere distinte: 4!, che si legge “4 fattoriale” e si calcola come 1x2x3x4 = 24. A un certo punto dell’articolo prendo le lettere del mio nome e del mio cognome, spazio escluso, e dichiaro che si possono formare 130.000.000 di parole circa. Il conto non è così diretto, perché viene a cadere l’ipotesi che le lettere siano distinte. Messe in ordine, sono A, C, I, L, M, O, O, O, O, R, T, T, V. Sono 13, ma non si riescono a formare 13! = 6.227.020.800 parole (sei miliardi, eh? ordine di grandezza 10^9), perché ci sono delle ripetizioni: la lettera “O” compare quattro volte, la “T” due volte. La formula è più complicata: il risultato esce calcolando il fattoriale del numero di lettere complessive, ma bisogna dividerlo per il prodotto dei fattoriali di tutte le ripetizioni. In pratica, nel mio caso, 13! / (2! * 4!). Insomma, prendiamo i seimiliardiefischia scritti sopra, dividiamo per 48 e quello che è esce è 129.729.600. Un rispettabilissimo numero di parole, in larghissima parte senza alcun senso.

Il salto è ovvio, credo: quante sono le immagini che possono produrre un istogramma identico? Rispondere in generale è impossibile, e la formula (che pure si può scrivere) avrebbe poco senso in questo contesto: per ottenere un numero dovremmo sapere esattamente quanti pixel uguali ci sono in ciascuna immagine. Anche sapendolo, auguri: un’immagine di 4.000 pixel di base e 3.000 pixel di altezza conterrebbe 12.000.000 di pixel: siamo sui 10^7, più o meno. Il numeratore della nostra frazione diventerebbe 12.000.000! e… no, non volete calcolarlo.

Proviamo con qualcosa di più modesto: un’immagine di 100 x 100 pixel, e ipotizziamo che ogni pixel sia diverso da ogni altro. Siamo a 10.000 pixel, quindi: 10.000! e ci siamo salvati dal denominatore. L’ipotesi che nessun pixel si ripeta è artificiosa, perché darebbe luogo a un istogramma bassissimo e piatto, ma è per dare un’idea dell’entità delle forze numeriche con cui andiamo a scontrarci. Iniziate a moltiplicare 1×2, poi x3, poi x4, poi x5, e fermatevi quando arrivate a x9.999 e infine a x10.000. Tra molto, molto, molto tempo, credetemi.

Quando i numeri sono così enormi, ci viene in aiuto una geniale approssimazione dovuta a un matematico scozzese e nota come approssimazione di Stirling. È un numero enormemente più grande di un googol, e il suo ordine di grandezza è grosso modo 10^30000. Sì, dovete scrivere 1 e poi 30.000 zeri a seguire.

Nessun numero nell’universo reale è così grande, neanche se ci mettiamo a costruire unità di misura artificiose. Siamo assolutamente al di fuori di ogni grandezza fisica immaginabile. Ma dal momento che la mia perversione nei confronti dei numeri è senza limiti, mentre facevo questo calcolo mi sono chiesto una cosa ancora diversa: se volessi sapere quante immagini diverse è possibile creare in una griglia di 4.000 x 3.000 pixel, senza alcuna restrizione, come dovrei fare il calcolo?

Ho provato a cercare una risposta diretta ma non l’ho trovata; allora ho iniziato a ragionarci sopra e ho concluso che questo è un tipico caso di quello che viene chiamato campionamento bernoulliano. Il nome è altisonante ma la procedura è semplice: è come avere degli oggetti distinti in una scatola ed estrarne uno a caso un certo numero di volte, reinserendo però ogni volta l’oggetto estratto e ripartendo. La domanda è: in quanti modi si possono disporre gli oggetti in un dato numero di estrazioni?

Stiamo parlando di immagini, e penserò in RGB a 8 bit. Ci sono 16.777.216 possibili terne di valori diversi. Ciascuna rappresenta un colore. Partiamo dall’immagine più piccola possibile: un solo pixel. In quanti modi possiamo sceglierlo? È semplice: 16.777.216 modi. Ora, 2 pixel: il secondo pixel può essere scelto a sua volta in 16.777.216 modi, e tutte queste scelte possono essere accoppiate alle altrettante scelte del primo pixel. Risultato: 16.777.216^2 modi di formare un insieme di 2 pixel. Se un colore è stato scelto, può essere scelto di nuovo, perché non si esclude la possibilità di avere pixel uguali. Già con due pixel siamo messi male, perché il risultato esatto è 281.474.976.710.656: sono quasi 281.475 miliardi. Viaggiamo su un ordine di grandezza di 10^14, appena mille volte meno del numero di secondi di vita dell’universo. 3 pixel? Arriviamo a 16.777.216^3.

Ora, ho in mente una griglia di 4.000 x 3.000 pixel, ovvero 12.000.000 di pixel in totale. Il numero di immagini possibili nell’ipotesi di avere a disposizione i quasi 17.000.000 di colori di uno spazio RGB qualsiasi è pari a 16.777.216^12.000.000. Sembra un numero impossibile da calcolare ma è semplice da tradurre in una forma appena più digeribile. Basta un logaritmo: il risultato è piuttosto simile a 10^86.696.639.

Digeribile è un eufemismo, d’accordo. Prima eravamo piuttosto preoccupati dall’idea di scrivere 1 seguito da 30.000 zeri. Qui dobbiamo scrivere 1, di nuovo, ma gli zeri a seguire sono 86.696.639. Prendiamo dei fogli a quadretti, di quelli in cui un quadretto è largo mezzo centimetro. Scriviamo 1 in un quadretto e iniziamo ad aggiungere 0: ogni quadretto è uno 0, senza alcuno spazio. Il numero che ne esce sarebbe lungo 430 km. Non ha senso, vero?

Infatti, non ne ha. Se un computer generasse 1.000 di queste immagini al secondo, dopo tutta l’età dell’universo ne avrebbe generate 10^20. Ci servirebbero 10^86.696.619 età dell’universo per finire. Non avremmo neppure iniziato a fare il solletico a questo numero. Sarebbe preoccupato come una persona con quasi 87 milioni di Euro in tasca che perdesse una banconota da 20. Neppure Zio Paperone si girerebbe.

Ma arrivato a questo punto ho pensato una cosa. Quel set, che nessuno al mondo potrà mai né produrre né vedere, contiene TUTTE le possibili immagini 4.000 x 3.000 che si possono generare in RGB a 8 bit. Con “TUTTE” intendo: TUTTE. Nessuna esclusa. Un numero inverosimile di esse potremmo chiamarle soltanto rumore, ma conterrebbe anche tutte le mie immagini, tutte quelle che ho mai scattato e che mai scatterò; anche tutte le vostre; anche tutte quelle di tutti i fotografi e i grafici del mondo. In tutte le varianti possibili: ogni cromatismo, ogni luminosità, ogni maschera di contrasto, ogni sfocatura. Ogni ogni. Anzi, no: Ogni^ogni.

L’immagine di voi, in sella a una Harley-Davidson, sul palco di Altamont ma nel giorno sbagliato mentre Ozzy Osborne vicino a Mick Jagger sputa la testa di pipistrello di fianco a sé? Magari mentre John Kennedy schiva la pallottola che il 23 novembre 1963 gli tolse la vita, proprio dietro l’angolo destro del palco? Con Kate Bush che parla con il vostro bisnonno? C’è. In tutte le varianti possibili. Con tutti i vestiti che potete immaginare, mai concepiti e concepibili, addosso a ciascuno dei personaggi che popolano l’immagine. Quella dei vostri 15 anni quando salutaste la ragazza che non sarebbe mai tornata, sotto il lampione, ma che ritrae lei che si gira, saluta e sorride con una promessa negli occhi? C’è. In tutte le temperature colore, con ogni ragazza, con ogni voi, in ogni strada del mondo concepita, concepibile e non, anche sulle scale di Penrose misteriosamente emerse da chissà dove.

Non so voi, ma io lo trovo un set affascinante, anche se so che non lo vedrò mai. Infinito no, perché sono solo 4.000 x 3.000 pixel. Ma quasi, dai.

Buona generazione casuale a tutti,
MO

16 commenti su “Infinito no, ma quasi”

  1. waw….
    stanotte altri incubi……..
    Se arrivo a domani lo rileggo, ora sono stordito abbastanza, notte…. 🙂

  2. Ringrazio pubblicamente chiunque abbia avuto un ruolo nella tua crescita e nella tua educazione da quando sei nato ad adesso.

    1. :’-)
      Ringrazia mio nonno Vigilio, soprattutto. Fu lui, fino a che ebbi 11 anni – poi purtroppo se ne andò.
      Continuava a ripetermi “c’è di più, c’è molto di più”. Guarda tu che disastro ha combinato.

      1. E il calcolo del carburante nella cisterna. Un po’ di questo viene da lì secondo me. Grazie Vigilio, a onde tutto quello sta arrivando anche a me qualche anno dopo.

  3. Non credo ai miei occhi: sono riuscito a leggere tutto l’articolo!! Con la conclusione che da questo momento smetto di fare fotografie, tanto è già tutto in quel box di 4000×3000!! M-itic-O il nostro MO. Grazie!

  4. M.O. Non sò perchè mi sta venendo in mente ma vorrei vederti cimentare negli scacchi. Secondo me faresti una brillante carriera. ^^

  5. Ai fedeli del Tempio Istogramma gli verrà un coccolone scoprire che nei tuoi calcoli coesistono anche fattori non “ben messi”. 😀
    Namasté.

  6. A quando una raccolta di questi articoli in formato pdf che potremo stampare e tenere nella libreria da consultare alla bisogna?

    1. Arthur, il pulsante “Print” su ogni articolo ti permette di produrre un pdf direttamente dalla pagina. La formattazione a volte è un po’ così, ma funziona.

  7. Che bello quando la matematica libera la fantasia e sconfina nella filosofia!
    Dopo aver fantasticato su alcune tra le immagini possibili, mi è venuta una curiosià. Quale potrebbe essere il rapporto segnale/rumore? In un ipotetico generatore di immagini, una su quante potrebbe essere scambiata per una fotografia? Ho l’impressione che il calcolo sia molto difficile. Ma immagino una percentuale estremamenteì piccola; così piccola da rendere ancor più evidente l’impossibilità di pensare concretamente ad un numero così grande come quello delle combinazioni possibili da te calcolato per una immagine 4000 x 3000 pixel.
    Ancora una volta, grazie.

    1. Sto pensando da ieri a questa e ad altre cose connesse, ma non ho risposte per ora, anche perché i criteri di definizione di cosa sia segnale e cosa rumore sono praticamente impossibili da formulare. Ci sono dei paradossi apparenti in tutto il discorso, ma credo che si potrebbero risolvere. Mi sto anche chiedendo chi potrebbe stampare tutto il set :).

      1. E pensare che tantissime di quelle immagini hanno un’icona verde con scritto Print, proprio come quella che si trova all’inizio del tuo articolo. Anzi, c’è anche il tuo articolo! Ci sono tutti i tuoi articoli! Scritti in tutte le lingue e con tutti i possibili font. E ci sono pure tutti i libri scritti e ancora da scrivere. È vero, le pagine sono un po’ sparse, ma con un po’ di pazienza, visto che sono numerate… Temo che, seguendo la stessa logica, arriveremo a concludere che quel set, contenendo TUTTE le possibili immagini 4.000 x 3.000 che si possono generare in RGB a 8 bit, in un sottoinsieme estremamente piccolo, contiene anche tutti i pensieri che si possono scrivere, perché anche una pagina scritta è un’immagine.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *