Roadmap #15 – Venezia (TOTR)

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Conosco abbastanza bene il sobborgo della Gazzera, perché ci abita un vecchio amico. Si trova a Mestre anche se, come tutta la città, fa di fatto parte del comune di Venezia. Attraversandola, ieri sera, non ho potuto non pensare a una coincidenza: ricordate che verso la fine della tappa di Teachers-on-the-Road di Verona ero stato raggiunto dalla notizia della scomparsa di Nic Potter? Mi è tornato in mente che ero stato a Mestre proprio con lui, nel 2006, e proprio alla Gazzera. Mentre mi dirigevo verso Via Asseggiano, alla ricerca dell’hotel dove avrei pernottato, ho collegato tutte e tre le cose. Il ritorno a Mestre, senza di lui (nomore, intendo), per la seconda tappa dello stesso tour. In sottofondo, un brano di un album donatomi dall’amico Claudio Lodi che della musica suonata da Nic aveva molto. Momento strano di ricongiungimento e dejà vu.

Hotel trovato. Venti minuti dopo il mio arrivo mi raggiunge Ana Paula Tamburini, di Teacher-in-a-Box, e ce ne andiamo a cena. Mi piacciono i brevi momenti di relax che si incastrano tra un lavoro e l’altro, soprattutto quando coinvolgono persone con cui lavoro e che conosco bene. In quel momento è come se non lavorassimo, anche se alla fine parliamo sempre di ciò che facciamo e di ciò che professionalmente ci sta a cuore. Non più tardi di sabato scorso ho diviso un momento simile, a Parma, con Fabio Bertozzi, conosciuto nell’ormai distante CCC di Vicenza del 2011, e Luca Bellaro, che proprio a Parma organizza i miei corsi. E così è stato anche stavolta.

Poi, dopo una notte di riposo in un hotel davvero tranquillo e accogliente (un grazie a Teacher-in-a-Box, e in particolare ad Annalisa per la consueta cura dei dettagli), il breve tragitto verso l’ISSM, ovvero l’Istituto Salesiano San Marco, una specie di cittadella scolastica modernissima e incredibilmente strutturata che offre corsi di formazione professionale nei settori elettrotecnico, grafico e meccanico. Veniamo accolti nell’Area Grafica in maniera professionale ma calorosa e iniziamo ad allestire tutto. Scherzo con Ana Paula che ci hanno dato l’aula più debole, visto che è l’Aula Ciano, contrassegnata dall’inconfondibile colore amato/odiato di CMYK, fonte della scarsa propensione di questo metodo colore a produrre nella pratica dei blu e dei verdi degni di questo nome.

Inizio sogghignando, perché quella peste denominata Lorenzo Colloreta deposita il suo “buon lavoro” sulla mia pagina facebook, sotto la foto improvvisata dell’aula in allestimento, in questa forma: sù, riempi la lavagna 100 volte con “io non so fare gl’iscontorni”. Aspetta che ti becchi in classe io, toscanaccio, poi vedi.

Il corso si svolge bene, con una quindicina di persone, alcune delle quali docenti della scuola stessa. Fa sempre un po’ effetto parlare davanti ad altri insegnanti, ma la materia non è poi così diffusa in Italia e li vedo partecipi e interessati, così come tutti gli altri: diversi fotografi, qualche grafico, un operatore di prestampa. Alla pausa caffè incrocio Fabiana, arrivata un po’ in ritardo, che non ha quindi avuto modo di presentarsi nel breve giro di informazioni che scambio con i presenti all’inizio di ogni workshop e di ogni classe. Le chiedo cosa fa professionalmente, mi risponde che è una grafica e che si occupa essenzialmente di cataloghi di mobili e che i suoi spazi colore quotidiani sono CMYK e Lab. Sorpresa: è la prima volta che incontro un grafico che mi dice di lavorare in Lab, e per di più da dieci anni. Chiacchieriamo un po’ e a un certo punto decido che il suo accento è per me inconfondibile. Senza parere le chiedo – “tu tabais furlan?”, “parli friulano?” Mi guarda sorpresa e le spiego che ho frequentato la provincia di Udine per più di dodici anni, e tuttora la frequento. Finiamo per chiacchierare un po’ della sua terra, di alcune parole divertenti che un non-furlan non dovrebbe conoscere, di tradizioni. È la grande ricchezza umana che spesso si manifesta in questi corsi: ognuno porta del suo, e non solo immagini o tecniche, ma anche un vissuto, delle idee e dei tratti caratteristici della sua cultura. Come quando chiedo ad Ana Paula, a cena, cosa e come si mangia in Argentina – stessa cosa. Soprattutto, ognuno porta il suo entusiasmo. E non è che sia poco, eh. Di questi tempi, poi.

Alle 18 la conclusione, la firma degli attestati, la foto ricordo di rito, il rito dello smontaggio del proiettore e del mio iMac, che in questi casi continuo a pensare come il portatile più grande del mondo. Ci raggiunge il responsabile della didattica e rimane a parlare con me e Ana Paula per quasi un’ora, lamentando la difficoltà di organizzare corsi anche di alto livello, addirittura finanziati pubblicamente; come se la gente fosse stufa e non avesse più la motivazione ad approfondire, soprattutto a livello professionale e aziendale. C’è preoccupazione nelle sue parole, ma anche orgoglio e convinzione nel suo tono di voce. Mentre parla penso che le difficoltà si superano solo con la volontà e con la convinzione ferma che solo la qualità potrà salvare chi veramente vuole salvarsi. Anche se, mi rendo conto, sarebbe più facile ora far finta di niente, adagiarsi su ciò che si è fatto e non voler progredire. Anzi, non sarebbe: ora è più facile, ovviamente. Ma non pagherà, alla fine. Anzi, pagherà esattamente il contrario. En passant, il responsabile mi racconta che tre anni fa l’ISSM ha organizzato un seminario con Dan Margulis. Si sbaglia, penso: erano cinque anni fa. Gli chiedo se fu quello organizzato da Marco Galiazzo, e conferma. Sì, era il 2008, lo ricordo bene. Fu pochi giorni dopo il mio primo incontro con Dan, a un tiro di sasso da Cortina d’Ampezzo. Avevo pensato di andarci, a Mestre, ma non ne ebbi il tempo – e mi dispiacque molto. Per quanto ne so, fu il primo incontro pubblico di Dan in Italia, un anno prima degli storici corsi di Corciano organizzati nel 2009 da Alessandro Bernardi. Che coincidenza. Mi dice il responsabile: “passando sul corridoio oggi ti ho visto spiegare il metodo Lab e ho pensato a lui…”

Alla fine raccolgo le mie cose, le porto alla macchina, prelevo quella di Ana Paula che ha molte più cose da caricare di me e la parcheggio sotto la porta più vicina alla nostra aula. Carichiamo, ci salutiamo, mi avvio attraverso il parcheggio alla mia Focus.

Mettendo in moto penso che la sera prima, dopo essere stato in stanza a leggere, ero uscito per fumare l’ultima sigaretta prima di dormire. Ero un po’ stanco, mi ero come distratto un attimo, e a un certo punto ho pensato: “dove sono stasera…?” e il cervello ci aveva messo mezzo secondo in più del previsto a rispondermi “Mestre”. A volte per qualche istante sembra che i luoghi siano tutti uguali, soprattutto quando se ne vedono diversi in fila a distanza ravvicinata. Ma non è vero: sono tutti assai diversi, le persone che incontro lo sono, e sul medio periodo quasi ciascuna di loro mi lascia qualcosa. Un’e-mail, un messaggio su facebook, una richiesta di chiarimento su qualcosa che ho detto. E spero di risentire presto qualcuno del gruppo di Mestre: un paio di immagini sono rimaste indietro, forse non sono riuscito a spiegare a qualcuno fino in fondo ciò che mi aveva richiesto; tempo tiranno. È stata una bella tappa.

Guardo alla prossima, Milano, e mi preparo per quella suddivisa in quattro sezioni di Trento: la mia prima esperienza nella mia provincia, che inzia domani grazie alla ferrea volontà di Doris Franceschini e alla splendida disponibilità di Nadia Baldo e Danilo Colì, due fotografi di grande talento, generosi e lungimiranti. Non sarà un CCC ma qualcosa di diverso; ne scriverò solo alla fine, dopo l’ultimo segmento, che cadrà il giorno 13 febbraio. E ora vado a rivedere gli appunti, in modo da iniziare domani pomeriggio con il piede giusto.

Grazie a tutti della pazienza con cui seguite queste mie strane evoluzioni, che parlano poco di colore e di grafica, ma che mi sembrano segnare davvero un percorso (mio, perlomeno, vale per me) e che un giorno, credo, mi serviranno per rendermi conto che tutto questo è stato vero.

MO

Un commento su “Roadmap #15 – Venezia (TOTR)”

  1. Un insegnante ha effetto sull’eternità; non può mai dire dove termina la sua influenza.
    Henry Adams, L’educazione di Henry Adams, 1907/18

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