Questo articolo propone un’immagine che chi è venuto ai miei corsi e ai miei seminari conosce bene. In quei contesti è sempre l’ultima che propongo, e non a caso è stata battezzata Goodbye: è un’immagine di commiato, adatta alla fine di un percorso, breve o lungo.
«Perché voi che correggete il colore utilizzate scatti così brutti?» è una domanda ricorrente. Vero: sono in media messi peggio di ciò che capita tutti i giorni (ma anche no). Hanno però un valore didattico così elevato, per i concetti che spingono avanti, da essere quasi irrinunciabili.
L’immagine che dà il titolo a questo capitolo è banale e irrilevante dal punto di vista fotografico, vista un milione di volte e scattata malissimo (posso dirlo senza remore, perché lo scatto è mio e solo mio); ma è anche un formidabile esempio di come a volte un ragionamento anti-intuitivo possa portare molto lontano nella correzione del colore. Necessità di pensiero laterale, insomma. Innanzitutto, vediamo l’originale.
Ci sono due problemi da risolvere: uno semplice e uno seriamente complesso, almeno in apparenza. Quello semplice è che l’immagine è scura e diventa progressivamente più scura verso la parte sinistra del tavolo. Quello complesso è che l’immagine è sufficientemente neutra nel primo piano ma assume una forte dominante gialla sempre progredendo verso sinistra. Leggiamo i numeri: credo che possiamo scommettere la nostra carriera sul fatto che il colletto della camicia dell’uomo più vicino alla fotocamera sia bianco. Il suo valore Lab è 73L(1)a5b: troppo scuro e troppo giallo. Il segnaposto di carta appoggiato sul tavolo misura qualcosa come 70L(2)a2b: un filo troppo verde e troppo giallo – dovrebbe essere assai vicino al bianco, e non preoccupa. La parte chiara della tovaglia all’estremo destro del tavolo: 55L0a0b – scura, ma neutra. Se andiamo però a misurare un’area simile tra le due bottiglie di vino il valore schizza a 63L(2)a18b: inaccettabilmente troppo giallo. Il tovagliolo nel piatto della signora con gli occhiali ha un valore pari a 58L(3)a31b: ridicolmente giallo.
Il problema di luminosità si può attaccare in molti modi. Una prima curva che schiarisca globalmente l’immagine mettendo un po’ a posto i colori dei soggetti più vicini si fa in un attimo. Una seconda curva, anche frenata da una semplice maschera a gradiente, schiarisce progressivamente le parti più distanti. Non serve neppure scervellarsi sui canali, è molto più semplice di così perché il problema di luminosità (come quello della dominante, peraltro) è essenzialmente geometrico. In ogni caso, si tratta di un problema così semplice e secondario rispetto a quello più cattivo che abbiamo davanti che potremmo anche risolverlo dopo. Prendo invece una posizione intermedia e faccio la correzione più veloce possibile, come descritto: due set di curve, una per la luminosità globale e una per contrastare la tendenza dello sfondo a diventare sempre più scuro. Il risultato è questo.
Il problema della dominante gialla è dovuto naturalmente alla presenza delle luci sullo sfondo. La loro temperatura colore è diversissima da quella del flash, che non penetra in profondità, e progressivamente il loro contributo si sostituisce a quello della luce che in teoria dovrebbe essere la principale. Quando il fotografo è incapace, è incapace – giusto? La situazione della luce era critica, e una cattiva pianificazione (sarebbe bastato un flash più potente, forse) ha fatto precipitare le cose. Un fotografo incapace con pochi mezzi è una rovina: lo ammetto, candidamente.
A chi corregge il colore piace occasionalmente fare un po’ di show. Questa immagine si presta, perché la correzione principale richiede quindici secondi ed è elegante come l’identità di Eulero in matematica. Il problema è quanto ci si mette ad arrivarci. Io non ho problemi e lo ammetto: circa due anni, più abbondanti che scarsi. Non ci ho lavorato ogni giorno, ma questa era una di quelle immagini che tenevo in una cartella e che riaprivo ogni due mesi. Ci provavo e fallivo. Passavano due mesi. Ci riprovavo e di nuovo fallivo. Ho fallito un numero non contabile di volte, non senza un grumo di pazzia perché continuavo a ripetere lo stesso errore. E la pazzia, in fondo, è continuare ad applicare un principio sbagliato nella convinzione che la prossima volta tutto andrà bene. Poi, un giorno, ho visto.
Dove sta il problema principale? Se si trattasse di una doppia dominante tranquilla si potrebbe facilmente spaccare l’immagine in due, normalmente con una maschera tratta dai canali a e b di Lab, e correggere le due metà indipendentemente. Qui non si può, perché la doppia dominante esiste, ma ha la sgradevole proprietà di essere popolata di volti. È la presenza di un discreto numero di esseri umani a rendere tutto difficile. Se in mezzo avessimo dei vasi blu, la faccenda si risolverebbe in un attimo, ma ahinoi, ci sono delle persone. La caratteristica dei volti, in media, è di avere a > 0, b > 0 e b >= a. La dominante che vogliamo togliere è sostanzialmente caratterizzata da b > 0, ma quel valore di b arriva a 30. Nessuno dei volti arriva tanto in alto, per fortuna, ma questo è anche ciò che ci blocca la strada con un ostacolo non aggirabile. Selezionare l’aria, in questa immagine, con una maschera che tenga conto della distanza, è facilissimo: il canale b fa tutto da solo. Ma selezionare l’aria e deselezionare i volti è praticamente impossibile. O comunque non è affatto ovvio. Vediamo perché.
I due canali a e b di Lab riportati nell’immagine sopra mostrano chiaramente il problema. Il canale a è caratterizzato da variazioni sensate, come ci aspettiamo visto che le letture in generale non sono errate. Il canale b diventa invece progressivamente più chiaro mano a mano che ci spostiamo lungo il tavolo. È prossimo al grigio 50% nel primo piano, ma significativamente più chiaro nella parte distante della tovaglia. Questo riflette i numeri che abbiamo letto e riportato sopra. Il problema è che i volti cadono grosso modo a metà tra le aree più chiare e quelle più scure. E come li mascheriamo, dunque? Come proteggiamo gli umani dalla mannaia di una curva secca in Lab, perché è l’unica speranza che abbiamo? Non possiamo desaturare i gialli più intensi preservando i volti con una curva ardita, perché abbiamo delle aree di giallo (ad esempio nella tovaglia) che vanno corrette e che coincidono con le componenti della pelle. Insomma, qualsiasi cosa cerchiamo di fare, ne salta qualcun’altra.
Il gioco della correzione del colore richiede di evitare correzioni manuali (come dipingere su una maschera) a meno che non siano al 100% necessarie. Questo a un certo punto mi sembrava un caso candidato a qualcosa di simile e stavo per arrendermi. Fino a che non mi sono reso conto che stavo guardando il problema sbagliato.
Torniamo a sbirciare i canali a e b. Ci accorgiamo in un attimo che a non ha problemi sostanziali mentre b è gravemente malato. Quindi, ci accaniamo su b, per forza e per ragioni psicologiche. Non andiamo a trovare un amico sano, in prima battuta – ci preoccupiamo di solito di chi ha più bisogno di cure. Così facendo non guardiamo più a, che invece ha la soluzione in mano e ce la offre non senza generosità. In questo modo, distogliamo gli occhi da a e ci sfugge un fatto cruciale: il canale a è un b quasi perfetto. In questa immagine, naturalmente: non funziona sempre. Ma se dopo avere convertito l’immagine in Lab duplichiamo lo sfondo, selezioniamo il canale b e gli applichiamo a in metodo di fusione Scurisci al 100%, il risultato è questo:
Potremmo anche farlo in metodo di fusione Normale e il risultato sarebbe diverso, ma non diversissimo. Scelgo Scurisci perché dà un aspetto più credibile all’immagine, a mio parere. Che non è ancora finita, ma ora è gestibile.
Questa tecnica funziona perché certi colori nell’immagine sono assenti. Gli oggetti che vediamo sono neutri, tendenti al rosso, oppure hanno componenti in a e b compatibili con la sostituzione che facciamo. I valori di b troppo elevati vengono sostituiti da quelli di a, corretti; quelli giusti sono invece preservati. E sì, è un mezzo miracolo. Se vi state ponendo la domanda, sia i piatti che certe parti dei muri hanno una tinta fredda anche nella realtà – lo ricordo benissimo. Il risultato che vedete è corretto, grosso modo.
Il problema è, naturalmente, che ora nei punti in cui a ha sostituito b si ha b = a, rigorosamente, con poca variazione. Possiamo tornare in RGB (o, perché no?, in CMYK) e lavorare con delle curve locali inducendo variazione cromatica in aree diverse dei singoli canali. Personalmente preferisco CMYK: posso fare interventi minimi e mirati grazie al gamut ristretto (nessun colore qui è fuori gamut, la conversione è sicura) e ho il bonus di poter manovrare il nero in maniera indipendente dal resto, creando quindi variazione tra luci e ombre.
Questo risultato, ancora migliorabile se abbiamo voglia di lavorare di fino sulla luminosità, è molto credibile rispetto all’originale. Nessuno peraltro ci avrebbe impedito, in sede di correzione Lab, di usare un’opacità più bassa in Applica immagine (o sul livello duplicato) in modo da mantenere una piccola parte della dominante progressiva: ci può stare, se il risultato ottenuto ci sembra asettico. Il nodo della questione è che quando arriviamo alla manovra chiave, la strada è in discesa. Prima di vederla, però, è a precipizio in mezzo alle macerie, tanto per fare un po’ di provvista.
Ci ho messo due anni ad arrivarci perché commettevo un errore cruciale, già esposto – ma vale la pena di ribadirlo: guardavo il canale malato senza curarmi di quello sano che avevo a disposizione. Amputare un arto a un paziente (perché questo è, Goodbye) è terribilmente doloroso, come prassi e come decisione. Ma se è l’unico modo per salvare una situazione compromessa, che sia. D’altronde il canale b non aveva alcuna colpa del suo stato. Sono i fotografi che fanno errori, non i canali.
Forse è un immagine forte, ma bisogna accettare il fatto, dopo avere amputato la gamba, che possiamo cercare di applicare una protesi, già pronta e disponibile. Certo, non avremo più una fotografia bipede, questo è impossibile; zoppicherà, cederà da qualche parte e non sarà più quella di prima. Ma può almeno sperare di sopravvivere, credo. La manovra è elegante, anche se cruenta, e richiede una notevole capacità di visione, che consiste nello spostare l’attenzione da ciò che è irrimediabilmente irrecuperabile a ciò che invece funziona, anche se con un bel po’ di stampelle a corredo.
C’est la vie, insomma. Ma il suggerimento è questo: se vi trovate davanti a un’immagine compromessa, non guardate soltanto fisso in faccia il problema, ma anche le soluzioni che l’immagine stessa offre. A monte, se possibile, usate un flash degno di questo nome per illuminare la scena, e tutto sarà più semplice. In ogni caso, quando il danno è fatto, queste soluzioni spesso sono rapide, efficaci, e se pur dolorose risolutive. Basta tenere aperti gli occhi su ciò che è buono e gettare via ciò che non può essere salvato. Illudersi di poter salvare l’irrecuperabile è una ricetta per la stasi, e ne so qualcosa io che ci ho messo quasi trenta mesi ad aprire gli occhi su questa immagine. L’unico vero vantaggio forse è che probabilmente non mi capiterà più: ora so dove devo guardare. E ci metterò secondi a risolvere un problema simile, se mai dovesse incrociare di nuovo la mia strada: seleziona un canale, Applica immagine con un minimo di criterio, togli l’irrecuperabile. E arrivederci – ovvero, Goodbye.
Buona chirurgia a tutti!
MO
Anche se questa correzione la conoscevo già fa sempre un certo effetto…almeno il processo di pensiero. Una chicca
È la prima volta che mi permetto di entrare nel merito di una correzione colore eseguita poi attraverso un percorso talmente esperto che io non saprei riprodurre affatto. Intervengo però per far notare che se l’intento è quello di portare l’immagine ad uno stato di normalità non solo per quello che riguarda dominanti di colore (davvero brillantemente risolte) ma anche di percezione generale, cioè ricostruire un illuminazione naturale come la percepisce un osservatore che si fosse trovato in quel luogo un attimo prima della malaugurata accensione del flash siamo ancora a metà strada. A mio (discutibile) parere va assolutamente risolta la caduta di luce che abbiamo nella profondità della sala come la sovraesposizione dell’uomo in primo piano e altre cose come la pesante ombra nel soffitto sempre sopra i tavoli più distanti, soffitto che sospetto nelle parti più vicine alle fonti di luce essere stato di colore bianco. Naturalmente nessuno pretende la perfezione e una sana dose di soggettività a questo punto entra per forza in gioco ma ripeto, quest’immagine ha ancora della strada da fare… 😉
Athos, grazie innanzitutto per avere spostato qui su mia richiesta il commento che avevi pubblicato su facebook. Come ho già scritto in quel contesto, hai perfettamente ragione, e infatti l’articolo menziona il fatto che la luminosità è ancora migliorabile. Probabilmente ho banalizzato dicendo che si può “lavorare di fino”: in realtà serve un’accetta piuttosto cospicua, direi. Si tratta, se vogliamo vederla così, di una vignettatura di grosse proporzioni ed esistono molti modi per attaccarla. Lo scopo dell’articolo, nelle mie intenzioni, non era tanto quello di mostrare l’immagine finita quanto di discutere una linea di pensiero alla quale non sono arrivato in tempi brevi, probabilmente per un mio limite di analisi all’epoca, che non è per nulla intuitivo. Ovvero, come risolvere il problema principale dell’immagine, e il più complesso. Talvolta quando la mostro in pubblico non tocco neppure la luminosità, dicendo “quella è semplice, si fa”.
Quindi la tua osservazione è perfettamente pertinente e corretta. Grazie mille!
È incredibile come -anche a distanza di un tempo indefinito dal primo CCC- questa immagine possa offrire ancora un profondo insegnamento a tutti.
Sono sicuro che questo pesante fardello che ti ha dato il tormento per ben due anni ti dia ancora diversi insegnamenti: poiché siamo per natura tendenti a perseverare nell’errore; ma hai consegnato questa immagine a futura memoria,e forse occorrerà a cadere sempre meno in tranelli mentali debilitanti. A distanza di anni la soluzione adottata è rimasta invariata: ergo hai rinconfermato che hai scelto la migliore delle strade percorribili. Non è da tutti affrontare i propri mostri uscendone vincitore e con ritrovata serenità. Cosa ho imparato ancora rileggendoti, ragazzo mio? Riuscire a scoprire la virtù che si cela nell’errore. E che se è vero che tutto è vano, lo sono anche i nostri tormenti.
Grazie.
Grazie, Marco, per la lezione.
Posso immaginare quanto ti è costata la soluzione del problema, considerando la tua dedizione alla materia.
Buon lavoro.
Questo arpeggio mi servirà assai! 😉
Per il fotografo che volesse comprare un flash più potente, suggerisco un cto ( nelle varie declinazioni ) da applicare sopra quello che ha già in modo da uniformare la bella “giallezza” del resto della stanza e semplificarsi la vita poi, anche se alla fine non potrebbe scrivere articoli interessanti come questo.
ciao scusate sicuramente commetto un errore che nn sono in grado di rislvere . ho provato a seguire le indicazioni ma quando duplico il livello e porto il canale in metodo fusionescurisci nn si seleziona il metodo restando inattivo cosa che ovviamente avviene avviene in rgb. sapete aiutarmi?
Paolo, non esistono i metodi di fusione Scurisci e Schiarisci in Lab. Quello che devi fare è duplicare il livello (in realtà potresti farlo anche con un livello singolo, ma non si sa mai – magari poi ti serve usare la trasparenza), selezionare il canale b e usare il comando Applica immagine: come destinazione hai il canale selezionato (b, appunto); come sorgente scegli a; come metodo di fusione scegli Scurisci. In Applica immagine esiste, perché stai di fatto lavorando in questo caso su un’immagine in scala di grigi, che è ciò che un canale è.
Gli aspetti tecnici, come li tratti tu, Marco, sono sempre interessanti. Così come la descrizione del percorso logico che ti ha portato a trovare la soluzione.
L’insegnamento principale che mi resta da questa lettura non è però semplicemente tecnico. È quello di non arrendersi difronte ad un problema. È quello di mantenere la volontà di trovare una soluzione anche dopo numerosi insuccessi.
Grazie per l’articolo, Marco.
Davvero molto interessante. Stavo per l’appunto cercando una soluzione a un problema di doppia dominante simile a questo: mi hai risparmiato due anni di elucubrazioni! Provo a ricambiare fornendo qualche dritta (da fotografo) su alcune tecniche di ripresa da adottare in situazioni simili.
Innanzitutto, evitare l’impiego del flash – in generale – ma soprattutto quello incorporato nella fotocamera: se proprio non se ne può fare a meno utilizzare un flash con testa orientabile per indirizzare, se possibile, il lampo verso una superficie riflettente neutra come il soffitto o la parete di un locale, in modo tale che la luce, rimbalzandovi, si diffonda sul soggetto più uniformemente.
Potendo disporre di almeno un paio di flash supplementari (fissati su stativi leggeri o sostenuti più semplicemente con mani di volenterosi assistenti), li avrei puntati in quei due riquadri che si notano nel soffitto, ottenendo sugli astanti un’illuminazione di rimbalzo morbida, tipo bank per intenderci.
Non disponendo dell’attrezzatura appena descritta, avrei scattato con la sola luce ambiente, anche se poca e di infima qualità, impostando una coppia tempo/diaframma più ardita e un ISO leggermente più alto. Visto che hai scattato con una focale di 17mm. potevi tranquillamente lavorare con 1/30sec. fermo restando l’apertura a f/4.0 e impostare ISO 320 invece di 200. A quel punto la dominante sarebbe stata una sola…però è anche vero che, così facendo, non avresti potuto elaborare questa soluzione che trovo davvero straordinaria e per cui ti rinnovo ancora i miei più vivi complimenti!
Grazie mille, Federico: hai perfettamente ragione sul fatto che questo scatto è stato fatto in maniera errata; era la classica situazione “facciamo una foto ricordo senza alcun impegno”; come dici, però, è una dominante interessante da rimuovere. Il messaggio vero dell’articolo non è tanto quello di utilizzare questa tecnica, che funziona in questo scatto ma non in generale, quanto quello di esaminare sempre da vicino e in maniera critica (ma “aperta”) i canali a disposizione, perché spesso la risposta ai guai di un’immagine si trova nascosta nella loro struttura.
Grazie ancora e a presto!