Abbiamo concluso stasera i quattro incontri sulla post-produzione delle immagini organizzati da AD Foto Studio Nadia Baldo di Trento. Si tratta di uno degli studi più famosi nel capoluogo della mia provincia e opera principalmente nel settore della pubblicità. Nadia aveva sentito parlare dei miei corsi e mi ha proposto di farne uno presso la sua struttura; per vari motivi abbiamo deciso di tentare un formato un po’ diverso rispetto al solito. Da qui i quattro incontri di quattro ore ciascuno, abbastanza tematici.
Nessuna esercitazione, se non alcune operazioni “guidate” durante le lezioni; più che altro una panoramica di tecniche contestualizzate su diverse tipologie d’immagini. E diversi anche i profili professionali dei partecipanti, equamente divisi tra fotografi e grafici pubblicitari – con una percentuale curiosamente alta di “quote rosa”.
Da questi corsi e dalle problematiche dei partecipanti imparo sempre molto. In particolare si rafforza in me la convinzione che certe problematiche siano universali o quasi. Questa sera, in particolare, abbiamo dedicato la serata a discutere alcune immagini prodotte o portate dai partecipanti, che non avevo mai visto prima e che dovevo analizzare in poco tempo. Questo è molto affascinante, per quanto mi riguarda. In media mi prendo circa quindici secondi per analizzare preliminarmente un’immagine, e in quei quindici secondi devo prendere una decisione. Penso alla fotografia proposta da Gloria: quattro persone a cavallo su un piano innevato, con vegetazione tutto attorno e con le montagne in lontananza. Qual è il soggetto vero dell’immagine? I cavalli? La neve? Entrambi? (Questa era la risposta giusta, alla fine.) Quanto peso dobbiamo dare alla vegetazione? Quanto è opportuno far recedere le montagne, in termini percettivi? O a quella di Alice: uno scatto notturno, pregevole, di uno scorcio cittadino sotto la neve (sì, ha nevicato parecchio come forse avete intuito – abbiamo anche spostato il terzo incontro per questo motivo): dominante gialla ovunque. Toglierla? Non toglierla? Solo in parte? Far emergere una variazione cromatica o no?
Uno scatto esaminato assieme a uno degli iscritti durante la pausa mi è parso molto interessante: ritrae alcuni scheletri rilevati in un sito d’interesse archeologico. Riprese dall’alto, le ossa emergono appena dalla terra e risultano scarsamente visibili. Il fatto che chi mi ha proposto l’immagine avesse già per conto suo ipotizzato di neutralizzare almeno in parte il suolo ed enfatizzare il colore nell’area dei reperti mi sembra un risultato significativo, nel senso che indica il fatto che una certa filosofia di lavoro sta iniziando a passare. Ci abbiamo lavorato insieme per un paio di minuti e l’effetto di una maschera di contrasto HiRaLoAm è stato sorprendente, soprattutto quando confinato all’area d’interesse, evitando così che assieme alle ossa emergessero le centinaia di sassi circostanti.
La cosa interessante è che, attualmente, è difficile trovare immagini con problematiche cromatiche da catastrofe in ambito pubblicitario: la maggior parte delle dominanti, quando una dominante c’è, si rimuove facilmente, addirittura con un solo clic di mouse in Camera Raw se c’è un file RAW a disposizione. Il problema è più nel contrasto, dove un po’ di fusione dei canali e qualche manovra di luminosità produce ancora risultati superiori a quelli ottenibili con i vari cursori del plug-in citato; e nel contrasto locale – con Ombre/Luci gettonatissimo e anche la frase-cardine della serata di oggi: “puoi provare il Martello Grande su questa?” Perché alla fine quello che aleggia intorno è uno scheletro neanche troppo magro di PPW (Picture Postcard Workflow), il flusso di lavoro di Dan Margulis che ha il grande vantaggio di poter essere smembrato e adottato anche solo in parte, producendo risultati sempre di rilievo. Credo di avere di fatto applicato almeno parte del PPW a tutte le immagini, senza mai dichiararlo esplicitamente.
Lo scatto più difficile l’ha portato Natascia: due ciclisti in pista in pieno controluce. Una condizione d’illuminazione difficilissima da gestire, che ha prodotto uno scatto che aveva bisogno di una serena sostituzione del cielo bruciato, attuata al volo con una fusione condizionale (Fondi se), ma soprattutto di alcune martellate a suon di curve per raddrizzare almeno in parte alcuni cromatismi veramente curiosi, causati probabilmente da una situazione di luminosità assai critica. Una di quelle immagini sulle quali non puoi intervenire se non con un compromesso, dividendo una strana doppia dominante su due aree senza pretendere di mettere completamente a posto nessuna delle due.
E sempre Natascia ha prodotto lo scatto che mi ha divertito di più, perché dimostra che bisogna dare un’occhiata ai canali con l’occhio della mente anche quando non ci sono problemi cromatici. Si trattava di una pattinatrice, ripresa contro uno sfondo verde molto intenso suddiviso in un intricato pattern di zone chiare e scure a causa delle ombre proiettate su di esso da non so quale struttura. Un grave disturbo, per l’immagine, che distoglieva dal soggetto – letteralmente immerso in un mare verde. Un lavoro per Lab, che ha consentito di separare l’atleta dallo sfondo in pochi secondi, intervenendo sulla luminosità della prima e sulla saturazione del secondo, e riequilibrando così un’immagine in cui il soggetto sembrava letteralmente fuso con ciò che gli stava dietro. Anche rimuovere il green-screen di Stefano è stato divertente: con qualche difficoltà in RGB, con un colpo di mano in Lab – per poi aggredire lo spill di luce verde che aveva affetto il soggetto, e raffinare la maschera con filtri abbastanza poco noti come Minimo e Intermedio.
Personalmente ho trovato molto stimolante questo genere di percorso, e sono stato abbastanza sorpreso di sentire una risposta coralmente negativa alla domanda: “pensate che avrei potuto insegnare queste tecniche senza la lunga parte teorica iniziale?” In fondo, in un corso di post-produzione potrebbero forse bastare delle indicazioni di massima su come spremere al massimo gli strumenti. Eppure nessuno ha risposto “sì”. Tutti hanno decisamente concluso che la parte teorica, su metodi colore e dintorni, nonché sulla percezione, è essenziale. Ancora di più la lettura del colore. Mi ha fatto molto piacere sentire Nadia, che è assai preparata e a sua volta insegna Photoshop, affermare che fino a poco tempo fa nessuno parlava di queste cose in questi termini e che tutto era molto più vago. E, credo, se conosco una persona che si è impegnata a studiare e tenersi aggiornata, quella persona è Nadia Baldo. Mi sembra un promettente passo verso una consapevolezza un po’ diversa su come si possa gestire il colore, anche creativamente, nelle immagini. Penso che nel format, svolto in questa forma per la prima volta, ci sia qualcosina da rettificare, ma in generale mi è sembrato coerente con i propri principi e con gli scopi che ci eravamo prefissi.
Grazie a tutti i partecipanti per gli stimoli, e a Nadia e Danilo per la squisita ospitalità; nonché, cosa rarissima!, per avermi aperto senza alcun problema i loro archivi in maniera che potessi razziare le immagini che mi sembravano più stimolanti. E, naturalmente, anche a Doris Franceschini, che in questi casi riesce sempre a fare capolino – neppure vivesse in un tombino sotto la sede del corso. Ho anche l’impressione che senza di lei molte cose in ambito CCC non sarebbero accadute, o sarebbero state diverse; e visto che sono state positive e belle, la ringrazio di cuore.
Alla prossima!
MO
Grazie a te, per tutto! 🙂
Generoso, anche in questo caso! Grazie e…al prossimo che spero davvero molto prossimo.
Grazie mille Nadia, a presto!
Ciao Marco, sono quello del martello grande, il tuo corso mi è piaciuto molto.
Come avevi predetto all’inizio, la mia prima sensazione in qualità di corsista alla fine è stata di una mostruosa e fantozzaina confusione in testa.
Poi, somatizzando, mi sono reso conto di aver imparato cose sconosciute estremamente utili e interessanti.
ciao
Franco
Grazie Franco, come vi ho detto all’inizio so che le cose vanno così. Si è parlato relativamente poco dei fondamenti di questa materia, in Italia, e il problema non è naturalmente insegnare a fare le curve, che si imparano in mezz’ora, ma capire cosa possono fare e come possiamo farglielo fare. E questo, lo so, sedimenta dopo un po’ – non subito. Grazie ancora e a presto!