[Roadmap anomala, con link – e perfino un’immagine.]
Nel mettermi a scrivere la prima Roadmap autunnale, anche se il 23 settembre non è ancora arrivato, non posso non spiegare che cosa sia TWIT, ovvero The Woman In Tech. Credo che meglio di me possa farlo Giorgia Pallaro, una delle allieve, che ha di recente pubblicato un post sul suo blog nel quale spiega come è strutturata la scuola e come si vive questa esperienza dall’interno. Lo trovate qui.
Questo 2013 è la mia seconda volta presso TWIT, uno dei tanti corsi che nasce dalla visione e dalla volontà di Red Oddity. Lo scorso anno ho insegnato un modulo di un solo giorno sulla correzione del colore, più uno di tre sul complesso tema del video per il web. Una delle richieste più o meno unanimi delle allieve del TWIT5 (2012, questa è la sesta edizione) fu quella che il modulo relativo alla correzione del colore andava allungato. Quest’anno, quindi, tre giorni, ovvero il corso continuativo più lungo che io abbia tenuto sull’argomento.
Innanzitutto ho avuto la grande fortuna di innestarmi sul lavoro già svolto da Tiziano Fruet e Marco Diodato prima di me. Non solo: fino a un paio di giorni prima, in fase di definizione del programma dettagliato definitivo, ho potuto interagire con Marco chiedendogli se poteva anticipare questo o quell’argomento in modo che io potessi procedere più spedito lavorando sui concetti e le tecniche piuttosto che sulle spiegazioni di base. Come mi aspettavo, ha svolto un lavoro strepitoso. E, devo dire, è andato tutto a meraviglia (con un doveroso grazie a entrambi Tiziano e Marco).
Il programma che avevo concepito era piuttosto strutturato: teoria, visione, percezione, tutti e quattro gli spazi colore principali (Scala di grigio, RGB, CMYK, Lab), tecniche canoniche e avanzate, sharpening. Il tutto intervallato da set di esercizi: quattro e mezzo, in totale, con quattro immagini ciascuno. Alla fine qualcosa è rimasto fuori, ma abbiamo comunque fatto un sacco di cose.
Perché quattro set e mezzo di esercizi? L’inizio del corso è stato una specie di tuffo nell’acqua profonda. Una breve introduzione senza tecniche e poi due immagini: «miglioratele, come volete», prima di spiegare alcunché. L’idea era quella di riproporre le stesse immagini successivamente per verificare quanto delle idee trasmesse durante le spiegazioni avesse attecchito.
Alcune delle ragazze (quattordici in totale, più un’uditrice esterna) sono nuove a Photoshop; altre sono quasi delle Power Users. Classe disomogenea, quindi, ma non troppo, perché il passaggio intensivo dei due docenti precedenti ha livellato il grosso delle disparità. Il mio approccio stavolta è stato in profondità: ho innanzitutto introdotto tutti i concetti necessari, utilizzando le immagini e la loro realizzazione “live” da parte mia come esempi di ciò che avevo esposto. E ho aggiunto alcuni moduli secondari, che ho denominato Inner Islands: isole interne, appunto, non collegate direttamente alla terraferma (il filone principale della materia) ma che possono rappresentare formidabili ponti verso approfondimenti inaspettati. La classe, direi, ha gradito.
Alla fine contano i risultati, e ne vorrei menzionare uno su tutti. Ho proposto un’immagine che non sempre utilizzo durante i corsi, perché è a suo modo difficile. Lo è nel senso che si fa in quindici secondi con una sola curva, ma per riuscirci è necessario “vedere” i canali con estrema chiarezza, e questo può richiedere tempo. È un’immagine da corso avanzato, senza alcun dubbio. Ho lanciato una sfida: ho chiesto che l’immagine venisse realizzata con un solo passaggio, possibilmente un livello di regolazione Curve, senza alcun intervento manuale di selezione o pittura e senza alcuna maschera di livello. Fino a oggi, solo una persona nei corsi base era riuscita a fare l’esercizio al primo colpo. Al TWIT6, su quindici versioni, otto erano corrette e praticamente indistinguibili dalla mia. Devo essere sincero: un’enormità. Per la realizzazione di questa specifica immagine ho dato cinque minuti di tempo, per simulare cosa accade in un contesto di produzione reale.
Una delle versioni era interessante, ma non corretta. Però l’allieva che l’aveva realizzata aveva calcolato che avrebbe potuto ottenere un risultato migliore dell’originale (e lo era, infatti) andando a spazzare via completamente il canale b di Lab sostituendolo con il canale a. Mi ha rovinato il finale, perché l’ultima immagine che presento in qualsiasi corso, intitolata Goodbye, si risolve esattamente così e di solito causa un “ooh…” di sorpresa. Io ci ho messo un sacco di tempo a vedere quella sostituzione, ed è per questo che la mostro sempre in pubblico. Dal punto di vista dell’approccio è un salto concettuale notevole, e insegna molto su come un’immagine andrebbe guardata, perlomeno dal nostro punto di vista, in sede di correzione del colore. La sostituzione di un canale è una tecnica semplicissima da attuare ma concettualmente avanzatissima, soprattutto quando non è standard come in questo caso. Richiede un vero e proprio atto di fede nella bontà del canale usato per la sostituzione, ma soprattutto è impossibile da immaginare se non si ha chiaro in testa cosa si sta facendo. È il mio mantra, ereditato in parte da Tiziano Fruet: «un canale è una rappresentazione in scala di grigi di una selezione, e una selezione va sempre a prendersi qualcosa…»
Daniela Di Iulio, che ha tirato fuori dal cappello questa idea, ha ottenuto un risultato inferiore perché il colore era leggermente poco credibile e mancava un po’ di variazione che sarebbe peraltro stato facile introdurre. Ma soprattutto la sua tecnica “uccideva” il colore di un indumento ben visibile nella foto. Da un punto di vista pratico, nessun problema – quel colore poteva anche cambiare; da un punto di vista didattico, invece, quella versione era meno appropriata delle altre. Ma ci ho riflettuto poi: Daniela, se invece che applicare a su b al 100% in metodo di fusione Normale tu avessi utilizzato Scurisci con un’opacità del 70% circa, il risultato sarebbe stato ineccepibile; anche la maglia che la tua applicazione aveva fatto virare al ciano. Hai ancora l’immagine, se vuoi puoi provare. Lì per lì non ci avevo pensato, ma poi riflettendoci mi sono reso conto che poteva essere una buona idea. E infatti, funziona. Quindi – una menzione di merito a parte il risultato non perfetto in prima battuta: fare il 90% della strada è quasi come farla tutta. Il 10% che manca si copre facilmente.
La vita in TWIT certamente non è noiosa. Nell’arco dei tre giorni abbiamo avuto un brief per un progetto di immagine con un cliente prestigioso, via Skype, che la classe dovrà realizzare in tre o quattro giorni dopo le lezioni. Lascio immaginare di cosa si parlasse a pranzo e a cena. E anche un test per la certificazione ACA che ha dato in media degli ottimi risultati, pur tenendo conto della diversa preparazione delle ragazze. Ha dato anche un risultato eccellente che è praticamente un en-plein: un 24/25 che però vale come un 25/25 perché la risposta errata riguardava una domanda oggettivamente posta male che non doveva stare in quello specifico test. Per onore di cronaca, la persona che ha ottenuto questo risultato è Virginia Mazzocco.
E poi, di tutto e di più: qualcuna ha inventato su due piedi una tecnica di contrasto locale (ciao, Giuseppina Patruno) dai risultati decisamente discutibili ma concettualmente molto sensata. Raffinandola un po’, forse…? Perché non provi di nuovo? Nei contesti in cui si sperimenta, credo che il coraggio di spingersi oltre quello che è stato detto dal docente sia fondamentale. A costo di schiantarsi contro un muro di nebbia, che era poi il risultato di questa tecnica in prima battuta; ma la nebbia si dirada, alla lunga. Il tutto in maniera molto informale, anche giocosa, e con la mente aperta. Ce ne fossero tante di scuole così.
Perché quando la chiusura ufficiale dell’aula dovrebbe avvenire alle 17.45, ti viene chiesto di andare avanti ancora un po’, accetti, il gruppo si ferma in massa, e poi devi attivamente calciare fuori le ultime persone alle 20.40, delle domande varrebbe la pena di porsele. E le risposte, credo, non potrebbero essere che di speranza.
Infine, credo che questa immagine sia il miglior riassunto dell’atmosfera del TWIT6. Durante il corso, al secondo giorno, è uscita la famosa storia dell’appropriazione delle mie slides. Uno dei docenti, Francesco Marzoli, leggendola il giorno dopo ha inviato un messaggio a Lara Caffaz (nella foto) chiedendole di «dare un bacino a Marco da parte mia». Solidarietà, insomma. Detto, fatto. Istante prontamente immortalato, socialnetworkato, rimbalzato, commentato. Quando si dice to be up for grabs…
Grazie TWIT6, anche a quelle non menzionate in questo articolo. E grazie a Federico, Francesca ed Erika (Red Oddity) per l’atmosfera che riuscite a creare. Ci vediamo ai diplomi, come promesso. E poi, magari, come è successo con le TWIT5, qualche volta a Milano o a Roma, quando sono lì per un corso, o in fiera, quando verrete a salutarmi. Perché se ci si trova con delle persone, e si viaggia bene, e si fa un pezzo di strada buona insieme, bisognerebbe avere anche il coraggio di tenersi – anche se a distanza. E le TWIT5, in fondo, non sono mai andate via: al punto che l’unica di loro che io sappia attualmente ancora al TIS, la sede del corso, è sgattaiolata in classe per salutarmi. Fosse sempre così…
Quindi, TWIT6: buon proseguimento, buona fortuna, buona vita. E continuate così.
A presto,
MO
P.S.: nella foto, anche se parzialmente, potete vedere la prima cosa che ho scritto sulla lavagna lunedì. Era il mio motto per questo corso: “As in Life, so in Colour. As in Colour, so in Life.” Le due cose spesso coincidono, ne sono profondamente convinto. Che ne penseranno le TWIT6 dopo tre giorni?
Quello quello che mi è sempre piaciuto del tuo metodo di insegnare e di esprimerti è l’assoluta eleganza e semplicità, sempre con un riferimento, chiaro, capibile.
E mi piace vedere che c’è una realtà che ha capito l’importanza di ciò che insegni e come lo insegni e ha deciso di dedicarci ben tre giorni.
Mi sto pentendo di non essere donna ed essere al twit6.
Tre giorni di correzione colore, mi immagino l’entrata in classe del terzo giorno “Adoro l’odore del napalm la mattina.”
😉
C’era un odore tremendo di Napalm. Ed era in 3D. (Questa la capiscono solo le TWIT6.)
Al prossimo mi travesto per esserci 🙂
Classe meravigliosa davvero 🙂 Delle piccole bombe a mano!
Noooo Marco sei stato davvero grande come insegnante! Io di mio continuerò con i miei esperimenti con canali e maschere ! Naturalmente facendo tesoro delle tue slide!
Basta che usi quelle originali, ok? ;-/
Ovvio che userò quelle originali non sia mai! Le copie non sono mai buone come l’originale!