Vorrei tirare fuori le venature gialle delle nevicate sabbiose. Ma non sarà facile. Luce blu, 4000 metri, ghiaccio e ombra… questa le ha tutte…
Così mi scriveva Alessandro Belluscio poco più di due mesi fa, inviandomi un file dal criptico nome Lyskamm-9855.dng. Alessandro è un fotografo specializzato nella ripresa sportiva in esterni, spesso in condizioni estreme. La sua specialità assoluta è lo sci in tutte le sue declinazioni.
Il Lyskamm è una montagna a cavallo tra l’Italia e la Svizzera, nelle Alpi Pennine, e supera i 4.500 metri d’altezza. Appena aperto il file capii al volo cosa intendeva Alessandro scrivendo “questa le ha tutte…” La fotografia, che vediamo qui sotto così come esce da Camera Raw con tutte le impostazioni a zero e il bilanciamento del bianco come impostato in macchina, è impressionante per quanto riguarda il soggetto e lo scatto, ma non rende giustizia a se stessa.
Innanzitutto appare monocromatica, quasi in bianco e nero. In subordine, la gamma dinamica non è sfruttata al massimo. Questo naturalmente dipende dal fatto che ho deciso di sviluppare il RAW senza interventi, toccando con mano il paradosso che un file JPEG prodotto dalla fotocamera avrebbe avuto un aspetto più accattivante a causa delle regolazioni automatiche che i produttori impongono nel momento in cui i dati RAW vengono processati internamente.
Lo scatto è stato effettuato con una Nikon D4 alla sensibilità di 200 ISO, con una lunghezza focale di 180 mm, esponendo per 1/4000″ a f4,5. La nitidezza dell’originale è impressionante: considerando la totale assenza di maschera di contrasto e il fatto che l’immagine che segue sia un semplice screenshot dall’anteprima (al 100%) di Camera Raw, ci sono pochi dubbi sul fatto che abbiamo a che fare con uno scatto tecnicamente ineccepibile.
La texture della neve è leggera ma perfettamente presente. La vera domanda non è quindi come possiamo migliorare una fotografia come questa: in generale, non ha bisogno di grandi interventi di salvataggio; semmai dobbiamo chiederci come possiamo darne un’interpretazione corretta e accattivante, senza realizzare versioni che appaiano impossibili, o perlomeno improbabili.
Il parere del fotografo in casi come questi è essenziale. Alessandro mi ha messo sulla buona strada con questo commento:
Considerando le discussioni in camera oscura portate avanti per un anno riguardo al bianco reale della neve e al bianco dell’immagine (quindi grigio solitamente) e considerando le dominanti “naturali” della neve ad alta quota (in questo caso 4000 m) e i colori del ghiaccio… io personalmente credo che il bianco assoluto in montagna sia molto difficile da rappresentare, e il più delle volte deve essere un bianco coerente con la scena. Quindi direi che il neutro dell’immagine, a parere personale, dovrebbe comunque avere un minimo di dominante del caso. Anche se, francamente, sarei curioso di comprendere il “neutro” in una situazione come questa.
A me sembra un’ottima osservazione. Espressa in altri termini: non restiamo ancorati a tutti i costi al concetto che la neve è “bianca”, ma contestualizziamo la cosa in maniera che renda l’idea di cosa avremmo visto. Soprattutto, e questa era la richiesta iniziale, cerchiamo di evidenziare il giallo delle nevicate sabbiose. (Perché? Vediamo forse del giallo nello sviluppo del RAW?)
In casi come questi, mi interrogo su cosa rappresenti la fotografia. Un fatto curioso: quando ho iniziato a metterci mano, non sapevo che il cliente a monte dello scatto fosse EA7, ovvero il marchio della collezione sportiva di Emporio Armani. Per questo motivo non ho pensato alla possibile ricaduta pubblicitaria della mia interpretazione, e mi sono concentrato solo su quanto l’immagine mi suggeriva.
La regola aurea prevede che il soggetto di una fotografia non possa essere troppo piccolo: tecnicamente, l’uomo in volo lo è, quindi potremmo concludere che il soggetto è la montagna. Ma se togliamo l’elemento umano, la fotografia in un certo senso smette di esistere. Quello che io vedo è un minuscolo e fragilissimo prodotto dell’evoluzione biologica che sfida il suo destino volando, letteralmente, tra le fauci di un mostro di ghiaccio. In questo senso il soggetto è il novello Icaro, e il suo essere proporzionalmente minuscolo rispetto allo scatto è funzionale proprio alla comunicazione della sua fragilità e dell’estremismo della sua azione: l’evoluzione non ci ha costruiti con dei legni ai piedi, né tantomeno ci ha dato ali per rimanere sospesi in aria. Eppure la fotografia ci parla proprio di questo. Qualcuno ci prova, e magari anche ci riesce. Per inciso, se volete vedere come si è svolta realmente la discesa, potete trovare un video qui.
Di questo emulo di Charles Lindbergh non potremo mai vedere il volto, che è nascosto: ma la sua identità è tutto sommato irrilevante in questo contesto. Accanirsi su di lui, che è poco più che una silhouette di fronte alla mostruosa montagna, sarebbe un errore. L’unica cosa che possiamo fare, a mio modo di vedere, è enfatizzarlo in base a qualche tipo di contrasto simultaneo, spingendo molto sullo sfondo in maniera da far risaltare il più possibile lo sciatore come forma. Il resto deve venire dalla suggestione della scena.
Questa post-produzione, a mio modo di vedere, è semplicissima. Le impostazioni di scatto, in macchina, prevedevano un bilanciamento del bianco a 5.550 K e la tinta impostata a +2. Ho preferito impostare la temperatura colore a 5.750 K e la tinta a +3 – un punto di partenza leggermente più neutro. Il risultato è quasi identico a quello visto prima e non vale la pena di mostrarlo: a un occhio non allenato, a meno che non affianchiamo le due immagini, potrebbe sembrare uguale. Con queste impostazioni, e senza toccare altro, ho aperto l’immagine in Photoshop come oggetto avanzato, per riservarmi la possibilità di effettuare dei ritocchi alle impostazioni di sviluppo se necessario, e ho deciso di sviluppare il tutto direttamente in Lab.
Il problema principale di questa immagine è la mancanza di contrasto. C’è un errore insidioso che è facile commettere, che è quello di sottovalutare quali siano i punti di luce e di ombra: siamo così abbagliati dalla mole di neve che potremmo pensare di doverla schiarire moltissimo. No, sarebbe un errore, perché il punto più chiaro si trova nella parte sinistra del paracadute, e fa assolutamente parte del soggetto. Compete, dal punto di vista della luminosità, con alcune zone chiare del ghiacciaio, ma in ogni caso ho deciso di prenderlo come limite superiore della luminosità per evitare spiacevoli perdite di dettaglio e di corpo in aree dell’immagine che sono piccole ma fondamentali. Allo stesso modo, il punto di ombra si trova ovviamente nella tuta da sci dell’uomo in volo. Non c’è molto dettaglio che dobbiamo salvare, vista l’area estremamente limitata che la persona copre, ma vale anche qui la pena di non chiudere troppo: l’effetto sarebbe quello di scurire le parti meno chiare della neve, e questa non sarebbe una grande idea, alla luce del fatto che lo scatto deve rimanere in ombra ma nondimeno “luminoso”.
La scelta di lavorare direttamente in Lab è legata al fatto che l’immagine è quasi monocromatica. Non vedendo a priori alcun vantaggio derivante dall’utilizzo di uno qualsiasi dei canali RGB, ho preferito intervenire sulla luminosità direttamente nel canale L, mettendomi al riparo da qualsivoglia spostamento cromatico e tenendo bene in mente che a causa della sua struttura questo canale è molto ben disposto a bruciare le luci e chiudere le ombre senza neppure che arriviamo a dire “ah”. La mia versione doveva pertanto essere assai conservativa. Ho fatto dunque il mio primo passo:
Questa immagine vive nei tra i mezzitoni e i quarti di tono, come l’istogramma dimostra bene (guardatelo per rendervi conto di questo e poi dimenticatelo, per cortesia, non serve a nulla di più in questo contesto). La curva non è estrema, perché non voglio avere un aspetto troppo ruvido della neve. La speranza è di riuscire a produrre variazione e profondità utilizzando il colore, non la luminosità. In ogni caso, la differenza rispetto all’originale è parecchio marcata.
Il mio secondo passo è stato quello di enfatizzare il poco colore presente:
Il secondo step consiste in una curva di saturazione che riguarda entrambi i canali a e b. Nella figura si vede soltanto quella relativa al canale b, che enfatizza le differenze tra le aree tendenti al giallo e quelle tendenti al blu, ma una curva identica è stata applicata anche al canale a, lungo l’asse verde-magenta. Le striature delle nevicate sabbiose, quasi impercettibili nell’originale, vengono alla luce come Alessandro mi aveva chiesto. Non solo, le ombre, più fredde delle parti illuminate direttamente, assumono una tonalità decisamente bluastra, creando variazione. Naturalmente il punto centrale è fissato a zero in entrambe le curve, allo scopo di mantenere la neutralità.
Per il terzo passo, avevo bisogno di enfatizzare ulteriormente la variazione cromatica prodotta dalla curva del passo precedente:
Il Modern Man from Mars, ben noto passo del flusso di lavoro PPW ideato da Dan Margulis, produce questa versione. I valori sono quelli canonici proposti dal pannello, ma il livello MMM Color che è stato spinto fino al 40% di opacità. L’azione è stata accoppiata al canonico Color Boost. Di fatto, questa immagine è stata sottoposta a un doppio Color Boost. Non sono inetervenuto sulla luminosità dei punti estremi e il livello Endpoint Adjustment è quindi rimasto di fatto inutilizzato. La selezione che dà l’input alla procedura MMM è stata realizzata in un’area della neve che includesse un minimo di variazione cromatica indotta dal secondo step.
Si potrebbe obiettare che la variazione cromatica finale è eccessiva, e in generale sono d’accordo. In realtà ho spinto preventivamente perché avevo già previsto quella che sarebbe stata l’operazione successiva: dovendo enfatizzare la forma del ghiaccio e la texture nei mezzi toni avevo già deciso di utilizzare ALCE, il ben noto script di Davide Barranca. In certi casi ALCE tende a causare una desaturazione percettiva: i valori Lab del colore restano invariati, ma l’aspetto dell’immagine appare meno saturo a causa dell’aumentato contrasto locale. Sospettando che in un caso del genere questo sarebbe stato un effetto probabile, ho esagerato con il colore in prima battuta, e poi ho applicato ALCE a raggio 100, opacità 70%. Questo è il mio quarto passo:
Questo è il risultato finale che ho proposto al fotografo. Confrontato con lo sviluppo a zero originale è naturalmente su un altro pianeta, e le stratificazioni colorate della neve si vedono perfettamente come da richiesta.
Il commento dell’interessato è stato che la stratificazione si vedeva, e che forse trovava tutta l’immagine un po’ calda, ma che tra tutte le versioni che aveva prodotto questa era “l’unica a rispecchiare la situazione”.
L’obiezione sul tono troppo caldo è assolutamente lecita: questa correzione è un’interpretazione, nulla di più e nulla di meno. Se la si desidera cromaticamente diversa, e se lo spostamento che si vuole fare è piccolo, basta un ritocco minimo alle curve a e b in Lab per ottenere ciò che si vuole. Oppure un intervento in RGB, trattando questa versione come un originale.
Dal mio punto di vista questa è però l’ennesima prova di ciò che sono solito ripetere: che un’immagine conosce di se stessa molto più di quanto noi sappiamo di lei, e che basta chiederle di mettere in luce ciò che nasconde. Nessun intervento in questo flusso di lavoro è artificioso, né richiede enfatizzazioni manuali. Tutto ciò che vediamo è già presente nell’originale: non nel RAW, ma nella versione raster entrata in Photoshop.
Per concludere, mi sono posto il problema di realizzare in Camera Raw una versione equivalente o migliore rispetto a quella appena vista. Non sono sorpreso del risultato: non ci sono riuscito – o, perlomeno, io non sono in grado di farlo. Il miglior risultato che riesco a ottenere è questo:
In nessun caso questa versione mi sembra migliore della precedente. Per avere una separazione simile degli strati sabbiosi devo spingere la saturazione troppo in alto, ottenendo una tonalità di blu che è decisamente eccessiva e disturba. La texture della neve non è paragonabile, in particolare nelle alte luci, nonostante abbia praticamente abusato del cursore Chiarezza. Né sono riuscito a ottimizzare in maniera simile il contrasto, pur utilizzando le curve di Camera Raw, assieme al cursore Contrasto, per enfatizzarlo alla stregua di ciò che avevo fatto nel canale L. Soprattutto, non sono riuscito a staccare il soggetto umano dallo sfondo in maniera altrettanto efficace: lo sciatore appare più fuso con la parete di ghiaccio, e questo è a mio modo di vedere il problema più grosso. Questo risultato mi ha richiesto dieci minuti di sperimentazione, poi ho gettato la spugna perché tutti i tentativi di spingermi oltre finivano per compromettere parti importanti dell’immagine. Avrei potuto intervenire localmente, applicando parametri differenziati per mezzo del pennello di regolazione, ma la mia idea era quella di evitare gli interventi locali manuali, visto che nessuna operazione in Photoshop aveva previsto nulla del genere.
La versione definitiva presentata poco fa ha richiesto due minuti di lavoro esatti e, piccolissimi spostamenti a parte, ha passato il test del fotografo senza alcun problema, venendo accettata come versione definitiva. Questo non significa naturalmente che non sia possibile ottenere risultati eccellenti in Camera Raw, ed è anche possibile che qualcuno riesca a produrre una versione migliore della mia: estremamente variata ma ancora “educata” e senza colori oggettivamente difficili da credere. Resta il fatto però che, in questo caso, Photoshop vince di una lunghezza sul plug-in probabilmente più utilizzato al mondo. L’equazione che Camera Raw è più moderna (come Lightroom, d’altronde) e di conseguenza migliore va però presa con le pinze, perlomeno su immagini come queste.
E Icaro/Lindbergh? Lo stesso dettaglio visto all’inizio dell’articolo, nella versione finale, appare così:
Il confronto, specialmente per quanto riguarda la struttura del ghiaccio e le sue stratificazioni, non esiste. Se pensassimo di esserci spinti troppo in là abbiamo comunque una versione conservativa (quella con il contrasto enfatizzato in L, ma senza variazioni cromatiche) che possiamo utilizzare come sorgente di fusione a opacità opportune. Ma certamente non ci saremo spinti in là quanto lo sciatore che plana nel silenzio in mezzo alle fauci del drago di ghiaccio.
Prima di concludere, ringrazio doverosamente Alessandro Belluscio ed EA7 (Emporio Armani) per avermi concesso l’utilizzo di questa spettacolare fotografia.
Visto il periodo, auguro neve e panorami simili a quello del Lyskamm a tutti!
MO
Trovo interessante il commento del fotografo che trova calda l’interpretazione che io vedo, come detto, con tanto blu. Sottolineo che sto vedendo l’immagine da smartphone e tutto ciò che dico è puramente percettivo e privo di misurazioni, e trovo affascinante che chi ha visto la scena con i propri occhi giudichi quella neve blu ancora calda.
La parte più critica a mio parere, sulla quale varrebbe la pena di discutere, è l’area nevosa liscia in alto. Il colore in quei punti ha una tendenza al magenta, con 2-3 punti positivi in a. Se questo sia compatibile con le famose nevicate sabbiose non lo so. So però che se desaturo deliberatamente quell’area il risultato mi sembra poco naturale; se tolgo 3 punti in Lab, tutto diventa invece insopportabilmente verdognolo. La fotografia risulta scattata in luglio attorno alle 10 del mattino, quindi non mi aspetterei una luce freddissima, e le parti direttamente illuminate dal sole possono certamente avere un aspetto neutro se non addirittura caldo (in maniera tenue); senza contare il contrasto simultaneo, che in uno scatto come questo è cruciale. In Adobe RGB, quella tendenza del canale corrisponde a un eccesso di circa 4-5 punti nel canale R: la mia sensazione è che guardiamo quell’area percependola molto più rossa di quanto non sia, a causa del contrasto simultaneo con il blu che tende comunque decisamente al verde (ovvero, è un colore tra il blu e il ciano). Ed è curioso che le striature “marroni” che vediamo in mezzo al ghiaccio siano invariabilmente caratterizzate da b < 0, talvolta anche di 6-7 punti: tecnicamente, sono magenta scuro o addirittura violetto. Ma come dici, e come anche il fotografo diceva, la sensazione visiva qui vince su tutto il resto, a mio parere. Rimane uno scatto piuttosto incredibile, e considera che è naturalmente stato fatto da un elicottero, con tutte le difficoltà del caso.