Di più non ce n’è

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Chi mi conosce sa che non sono gratuitamente polemico: se devo sostenere un punto di vista cerco di farlo adducendo dei motivi reali. Questa volta voglio però commentare un episodio del quale sono stato testimone nei giorni scorsi e che mi ha fatto molto riflettere.

I due personaggi di questa storia resteranno anonimi. Il primo è un mio allievo del Centro Italia: lo chiamerò il ritoccatore. Il secondo è un suo cliente che non conosco e lo chiamerò il fotografo. Tengo a precisare il superfluo: parlo di individui ben precisi, non di un’intera categoria. Quindi chiedo che nessuno veda questo articolo come il tentativo di fare di ogni erba un fascio.

Sarebbe banale cercare una facile captatio benevolentiae del ritoccatore tessendone le lodi, quindi non lo farò. Mi limiterò ad affermare che è serio, responsabile e sa fare il suo mestiere: non avrei alcun problema ad affidargli un mio lavoro in caso di necessità. Lavora principalmente nel campo della moda e i suoi clienti sono prevalentemente fotografi. La sua età è più vicina ai 20 che ai 30 anni e da quando ha iniziato si è naturalmente munito di partita IVA. Come tutti noi (e non solo) lotta per sopravvivere in un campo che definire ingrato è un eufemismo.

Qualche giorno fa mi ha chiesto un giudizio su un’immagine. Ho visto il prima/dopo: era un lavoro molto ben fatto, ma soprattutto risolveva alcuni problemi evidenti dell’originale. L’originale era un buono scatto, realizzato professionalmente in studio. A dirla tutta, un trucco più accurato della modella e un miglior posizionamento delle luci avrebbe giovato, ma il mondo non è perfetto. Neanche lo sfondo era perfetto, e infatti era stato totalmente ricostruito, anche se imponeva una selezione laboriosa e difficile. D’altronde, per questo esistono i ritoccatori: sappiamo fare selezioni complesse, magari in tempi ragionevolmente brevi. E anche alcune altre cose. In ogni caso, l’effetto della post-produzione in questo caso trasformava una fotografia che il committente avrebbe certamente rispedito al fotografo in un’immagine pubblicabile ovunque con soddisfazione di tutti. Bello, no?

Il giorno dopo ho ricevuto un secondo messaggio, di tono diverso. Il consiglio richiesto non era di tipo tecnico, stavolta. Mi sono trovato davanti un’immagine e contestualmente ho letto di cosa si trattava perché da solo, lo ammetto, non ci sarei mai arrivato: la mia perversione ha un limite. Ma vado in ordine, partendo dall’inizio.

Il fotografo contatta il ritoccatore e gli chiede un preventivo di post-produzione per sette immagini destinate alla pubblicazione. I due si conoscono bene. Dopo opportuna valutazione si sente proporre un prezzo “da amico”: €80. Se state pensando a un totale di €560, ovvero che il prezzo sia da intendere a scatto, è errato: stiamo parlando di €80 complessivi. A occhio e croce, quelle sette immagini richiedono un’ora di lavoro ciascuna. Cifra tonda: una giornata di 8 ore per tutto. Questo significa €10/hr, che suppongo non includano l’IVA – ma non lo so. Nella migliore delle ipotesi, dopo il passaggio della falciatrice fiscale, questa somma scende a un netto effettivo di €6/hr, perché il 40% dell’imponibile (se va bene) scompare nelle tasche dello Stato nelle sue varie ramificazioni. Tutto questo naturalmente senza mettere in conto il costo delle attrezzature e dell’energia elettrica per farle funzionare.

Il preventivo viene approvato e il lavoro viene svolto: in tempo, a regola d’arte. Ne ho visto una parte: incontestabile. Al massimo si potrebbero richiedere dei cambiamenti minimi per ragioni di gusto, non per deficienze tecniche. È semplicemente un buon lavoro.

A lavoro consegnato, il fotografo si rende conto in retrospettiva che forse alcune immagini probabilmente sono risultate più facili da post-produrre di altre. Quindi le apre affiancate, fa uno screenshot e lo spedisce al ritoccatore: scrivendoci sopra la sua valutazione del valore del lavoro finale. Morale: il fotografo considera che tre scatti valgano €10 ciascuno e i restanti quattro soltanto €5. Valore totale del lavoro secondo il committente: €50.

Davanti a questo, un giovane volenteroso e innamorato del suo lavoro può avere un momento di sconforto. Può decidere, nello sconforto, di scrivere a chi ha il doppio della sua età e ne ha viste abbastanza, chiedendo cosa convenga fare.

Io non provo sconforto ma rabbia. Sanissima rabbia, che in certi casi è un sentimento nobile quanto l’amore ma che ho imparato a gestire nel corso degli anni, trovandomi in situazioni simili ma economicamente ben peggiori. Ci vuole altro per farmi perdere definitivamente la calma.

La mia risposta è stata dunque questa. Dal momento che non siamo evidentemente in grado di imporre un prezzo a un sistema così impazzito da dettare a noi i nostri listini, l’unica possibilità è assumere un punto di vista pragmatico e caratterizzato da una cristallina trasparenza morale. Si basa sull’osservazione che in realtà c’è un prezzo che possiamo sempre imporre: ZERO. Ovvero, abbiamo la libertà inalienabile di regalare il nostro lavoro se lo vogliamo.

Credetemi, farlo a volte è liberatorio: perché ci solleva da ogni responsabilità e ci mette in una posizione che nessuno al mondo potrebbe giudicare venale. La logica di questa posizione può sfuggire, in prima battuta, ma è in ultima analisi legata alla necessità di porci su un piano etico ben più elevato di quello del nostro interlocutore. Abbassarsi a quel livello sarebbe umiliante.

Riassumerei il discorso così:

Dal momento che non trovo etico svendere i miei servizi accettando un compenso che non è commensurato né alla qualità del lavoro, né al mio impegno, quello che mi sento di fare con la massima libertà è regalarti il mio servizio. Non voglio nulla, perché è evidente che se per te vale così poco, non posso convincerti del suo valore. Questo però ha in realtà un prezzo: senza rancore e senza problemi, mantenendo tutto il rispetto umano del caso, non sono più disposto a lavorare per te in futuro, a nessun prezzo. Puoi chiedere a qualcun altro di fare ciò che io ho fatto per te, al mio stesso livello e, ti auguro, a un prezzo più basso.

Posso fornire un dato statistico, perché ho fatto questo discorso diverse volte. Il 25% delle volte il cliente scompare con il lavoro senza pagare un centesimo. Il restante 75% si scusa, torna sui suoi passi ed è disposto a pagare immediatamente il compenso pattuito. E in futuro torna, senza più discutere sul prezzo. Questo rapporto di 3:1 dei successi sulle perdite rende la scommessa vantaggiosa nel medio-lungo periodo. Con un bonus: viene indotta una piccola ma significativa azione educativa su qualcuno che ha preso un voto piuttosto basso all’esame di etica professionale.

Ci tengo anche a dire a gran voce che non tutti i fotografi sono così: anzi, questi sono la minoranza. La regola media è semmai che nessuno oggi ha soldi da buttare, ma spesso si riesce a raggiungere un accordo di compromesso su un compenso che soddisfa entrambe le parti, senza grosse discussioni.

A questi fotografi, però, e sottolineo, solo a questi fotografi, vorrei proporre una soluzione. Fate certamente parte del gruppo che sbraita contro i dilettanti che rubano il lavoro esercitando la professione illegalmente: ne avete ogni ragione, anche se dovreste forse rispettare tutta la filiera produttiva che alla fine vi permette di mettere qualcosa nel piatto ogni giorno. Ma visto che nel vostro lavoro fate purtroppo fatica a capitalizzare, ho un consiglio molto sereno: non venite a cercare noi ritoccatori. La post-produzione, fatela voi. Imparate a farvela da soli e non ci saranno problemi. È un semplice calcolo economico: otto ore del vostro tempo non costano, giusto? Se è così, e se investite il tempo libero in autoformazione, anche spendendo pochissimo, alla fine ci riuscirete. Bastano un minimo di talento e una discreta dose di buona volontà: il ritocco fotografico non è una laurea in ingegneria spaziale. Così verrà anche la fine delle lunghe discussioni sul vostro punto di vista e sul nostro, notoriamente diversi. Questo renderà migliore il mondo, anche se alla fine ci sarà qualche ritoccatore in meno così come qualche fotografo in meno. Perché temo che alcuni ritoccatori che avranno chiuso baracca cercheranno di recuperare il becchime in qualche altro modo. Magari scattando a qualche matrimonio o su qualche set alle vostre spalle, a €1 meno di voi. E voi sbraiterete contro i dilettanti.

Io non ho mai osato dire “sono un fotografo”. Per due motivi: non lo sono e ho troppo rispetto per la professionalità acquisita di chi lo fa per mestiere. Nonostante questo vi sto apertamente invitando a diventare i ritoccatori di voi stessi: voi che ritoccatori non siete. In fondo, chi potrebbe farlo meglio? Sarete liberi di dare la vostra interpretazione, nessuno vi potrà dire nulla, non ci saranno discussioni. Soprattutto non dovrete sottoporvi alla pratica, francamente umiliante, di dover decidere il valore del vostro stesso lavoro a colpi di banconote da €5. Una alla volta. Due, se va davvero bene.

Infine, eviterete che un mio allievo serio e preparato mi mandi un emoticon che, come tutte le immagini, racconta più di tutte le mie parole. Questo:

iCry

Ne faccio una questione puramente etica. E se mi sento in diritto di scrivere certe cose, che non credo risulteranno particolarmente popolari, è perché a volte è fondamentale avere il coraggio di dirle. Credo di avere messo a disposizione di una community ormai ampia risorse totalmente gratuite che forse hanno un pizzico di senso e di coerenza: buone, cattive? Non lo so. Non sta a me giudicare. Ma auspico che si sia perlomeno capito che lo spirito è quello della condivisione.

Per gratuite intendo quello che la parola significa: non costano nulla. Questo blog non costa nulla. Il mio corso introduttivo alla correzione del colore pubblicato sul sito di Teacher-in-a-Box non costa nulla – neppure vi chiedono la mail in cambio di due ore e mezza in cui vi regalo gli strumenti per iniziare a lavorare. Né costano nulla i tutorial ancora disponibili su Vimeo. E a nessuno sono mai costati nulla i consigli e le considerazioni tecniche che ho sempre inviato privatamente a chiunque mi abbia scritto. Decine? No: almeno un migliaio, negli ultimi tre o quattro anni. Si chiamano, dalle mie parti, consulenze. Mai chiesto un solo centesimo.

Altre risorse costano così poco, nella logica del business, che sono praticamente gratis: per €5 al mese, se andate in edicola, potete comprare Fotografia Reflex e leggere i miei articoli, naturalmente se li considerate validi. Di nuovo, per etica professionale non li replico qui sul blog anche se potrebbero attirare attenzione; ma che senso avrebbe, in quel caso, darli a una rivista a tiratura nazionale? Se non è chiaro, sono scritti proprio per voi, e cerco di suggerirvi il modo di migliorare il vostro lavoro. Io quelle cose le so già: pensate che le scriva per nutrire il mio smisurato ego? Spero davvero e vivamente di no.

Alla luce di tutto questo, forse, posso parlare? Posso permettermi di dire, per solidarietà, che il livello professionale si dimostra anche grazie ai lavori che non si accettano, oltre a quelli importanti che vanno in curriculum? Ma bisogna farlo bene. Il “vaffa” non fa parte del mio vocabolario professionale, anche se a volte è allettante.

Quindi mi schiero, apertamente, e mi metto in gioco: se qualcuno ritiene che sette scatti perfettamente post-prodotti valgano solo €50, rispetto la sua valutazione. Ma non ho tempo da perdere in trattative: chiamatemi, scrivetemi, ma ditemi subito che in realtà li volete gratis. E io giuro che ve li faccio: gratis. Per dirvi poi: è l’ultima volta. A quel punto, andate pure altrove e fateveli fare altrettanto bene, per meno di ciò che vi avrei chiesto. Oppure imparate e fateveli. Io vi fornisco gratis, o quasi gratis, le risorse. Mi sembra uno scambio equo, no? Comunque, io sono qui: la mia mail è pubblica, il mio numero di telefono è in elenco.

Il titolo di questo articolo? Viene da una canzone dei PGR, intitolata “P.C.”: proprio come le macchine che usiamo per post-produrre le immagini. Il significato della sigla è in realtà “Popular Correct”. Recita così, e mi sembra onestamente perfetta in questo contesto:

Processione procede
Prediche prodigando
Pro preda pro predone.
Io m’alleno
In parola di studio, d’accetta, di caccia
M’allungo le gambe, m’allungo le braccia
M’allargo di mente, allargo la mia
Allevo il mio cuore per poco che sia.
È poco ma è,
Di più non ce n’è.

Il rischio è che ce ne sia sempre meno. Dipende anche da voi. E io ci penserei bene prima di sfasciare proprio tutto, sinceramente.

45 commenti su “Di più non ce n’è”

    1. Non serve a molto, non mi illudo. Non sono così idealista.
      Ma a volte esiste l’inderogabile urgenza di dire “no”.

        1. Grazie, Roberto. Io lo vedo come un segnale, punto. Vedremo se diventerà positivo… ma (non per essere pessimista) sono un po’ disilluso.

  1. Caro Marco, purtroppo è un film già visto ….Faccio il fotografo con relativa postproduzione dei miei scatti che ho imparato grazie ai tuoi corsi on-line e al corso PPW di Alessandro Bernardi. Siete entrambi dei punti di riferimento per me. Mi sono trovato anch’io in situazioni come il tuo allievo: una serie di foto di cerimonia portatemi da un “privato”, viste e sommariamente ritoccate con Lt, sono piaciute più dello scatto originale, ma chiedendo € 3 a foto mi sono sentito dire “…..ma no ….vanno bene così …” Concordo pienamente con l’avere il coraggio ma , soprattutto, la Dignità di regalare la prestazione e invitare il committente a “farsele lui” … e la prossima volta o rivolgersi altrove.. la tua disponibilità e anche la disponibilità di Alessandro l’ho sempre apprezzata moltissimo e con non poco imbarazzo da parte mia.
    Un saluto
    Claudio Amato

    1. Grazie Claudio. €3? Rendiamoci conto. Con quella cifra non copro neppure le spese della manutenzione dell’antifurto dello studio, ho paura. A meno che la post-produzione non sia ridotta al comando “Tono automatico”. E sperare che il file sia piccolo, altrimenti sai i tempi di salvataggio?

  2. Triste, tristissima realtà. Io non sono un professionista ma ciò non mi impedisce di comprendere quanto lavoro, impegno, dedizione, ore, sacrificio e studio ci sia dietro un mestiere e ciò che ci porta a farlo è (o dovrebbe essere) solo la passione, l’amore per ciò che potremmo vedere come risultato di tutto questo. Purtroppo alcuni individui hanno dei parametri di partenza molto, molto diversi….peccato…
    Mi dispiace per la triste esperienza che ha dovuto vivere il tuo allievo ma sono sicuro che anche questo episodio avrà contribuito ad accrescere la sua “preparazione”….
    PS: confermo tutto ciò che hai detto in merito ai consigli gratuiti….grazie ancora

  3. Marco, saresti un Pokerista niente male. (mi riferisco al calcolo dellle odds 3:1). Mi unisco allo sdegno. Appoggio in pieno la tua posizione.

  4. Tanta amarezza. Ci sono passato da poco anche io, ma la lezione si impara. Se non diamo valore noi in primis a ciò che facciamo, non possiamo aspettarci che lo facciano gli altri. Di foto a 10€ ne ho fatte tante all’inizio. Fa male, ci si sente svalutati, delegittimati e incapaci, ma dopo un po’ si diventa scaltri e si fa la pellaccia, quella che serve per essere freelance. Sono anche gli errori di chi come me ha iniziato da poco e deve venire calpestato un po’ prima di capire che è meglio lavorare poco e bene, che tanto e male.
    Grazie veramente per questo post e per tutto quello che fai per i tuoi allievi (ed ex-allievi :D) , una voce più potente che fa eco a volte ci vuole.

    1. Grazie a te, Fabio. Sai bene di essere uno di coloro dei quali mi sento più responsabile. In pratica, ti ho rovinato definitivamente l’esistenza… 🙂
      “Sperém.”

  5. Chi di mestiere fa il ritoccatore ad un certo punto della sua carriera comincia a ricevere contatti su Linkedin e/o mail dirette da parte di colleghi, in India, Pakistan o Cina (nel mio caso) che sostanzialmente si offrono come subappaltatori. Prezzi modicissimi, molto veloci.
    Posso suggerire di girare questi preziosi contatti a clienti dal braccio corto, così che sfoghino la loro voglia di pagar poco.

    Se si troveranno bene, è win-win per tutti, in primis a chi non dovrà buttare il proprio tempo come l’allievo di Marco. Altrimenti anche i clienti avranno imparato cosa vuol dire (buttare il proprio tempo) e magari una lezioncina pure.

    1. Domanda da telequiz:
      Davide, chi disse la storica frase: “secondo me questo libro sarà così disomogeneo che alla fine uscirà a strisce?”
      (In retrospettiva, quella persona sbagliava. Uscì a macchie di leopardo, non a strisce.) 🙂

  6. Quanto scritto é un vecchio adagio che tutti conosciamo e che ha contribuito a farmi perdere la fiducia di investire energie in questo settore, tanto da pensare seriamente di cambiare pelle e reinventarmi professionalmente. Se può sollevare anche la situazione di star sotto le dipendenze di qualcuno non cambia molto, i pagamenti pare che siano diventati un optional come la sauna annessa in ufficio. Proprio ieri ho ricevuto una commissione di un pacchetto di scatti da mettere a posto, e come succede tutte le volte che ricevo commissioni private non comincio a fare voli pindarici fantasticando su cosa si potrebbe fare per consegnare un buon lavoro, ma mi dico: «chissà dov’é la fregatura questa volta»
    Pensieri che per fortuna scompaiono una volta che quell’antico fuoco di passione per questo lavoro comincia a bruciare di nuovo. Ci si può vivere solo di questo lavoro? Forse. Ma spetta a noi rieducare la domanda. A noi spetta il compito di migliorare sempre più l’offerta.

  7. Cuao Marco
    Purtroppo capita tutti i giorni.
    Io credo che il tuo suggerimento sia utile, ma credo anche che partire da una cifra piu alta sia altrettanto utile.
    Io ho smesso di scrivere per una rivista che tratta di stampa e packaging perché secondo loro dovevo farlo gratis perché “tanto io Photoshop lo so a memoria “.
    Io infatti ho imparato ad usarlo durante i miei sogni.

    1. Il mio suggerimento è provocatorio, anche se davvero ho preso questa posizione diverse volte in passato. Penso che dobbiamo anche accettare, a un certo punto, che alcune persone semplicemente non si muovono su coordinate che noi consideriamo normali. Sulla questione della cifra più alta sono anche d’accordo in linea di principio, anche se constato sempre più spesso che il mercato ha preso una piega diversa. Intendo: ci sono persone che si rendono conto che ciò che fai è specialistico e non si improvvisa, e nonostante la crisi e la difficoltà si riesce ancora a ragionare e ad arrivare a un compromesso. Ma ci sono persone che, al contrario, semplicemente non valutano ciò che fai degno di un compenso perlomeno decoroso. E a volte certe cose continui a farle semplicemente perché ti piace farle, miseri guadagni a parte. C’è una differenza, a mio parere, tra scegliere di mantenere un prezzo basso ed essere forzato dagli eventi attorno a te a non poter fare altro. E per come la vedo, questo è il secondo caso. Il paragone della rivista è corretto, in linea di principio, e a ben guardare la mia posizione è simile: Mi paghi? lavoro per te. Non mi paghi, o mi paghi in maniera ridicola? non lavoro più per te. Il passaggio di dire “questa volta ti offro il lavoro purché tu ti tolga dal mio orizzonte per sempre” è semplicemente un modo gentile di tirare un insulto non da poco, perlomeno per me.

  8. Ma non è più semplice (la normale procedura) fare un’offerta al fotografo, se accetta il prezzo è quello, poi può contestare il lavoro (in visione prima della consegna delle alte) e allora amici come prima e si cerca un altro ritoccatore.
    Per chè se il discorso del cedere a zero va bene per 8 ore di fotorirocco, e un paio di volte all’anno secondo il tuo ragionamento ci può stare dal punto di vista economico dell’attiivtà del ritoccatore, lo stesso concetto non lo puoi applicare al contestare un servizio di nozze o un reportage ad esempio (magari con l’agenzia che tenta il colpo col giovane fotografo)

    1. Ineccepibile, Daniele. Certo che è più semplice. Ma a quanto ho capito in questo caso specifico il preventivo c’è stato, ma si è innestato su un rapporto di buona conoscenza, se non di amicizia; comunque di fiducia. Per questo motivo, credo, i files sono stati consegnati senza grosse approvazioni preliminari. Dal mio punto di vista, una contestazione pretestuosa sarebbe più etica, anche se criticabilissima, di un atteggiamento del genere. Qui non è in discussione il diritto di chiedere uno sconto, e sono d’accordo con te che certi servizi sono diversi da altri per molti motivi. È in discussione, semplicemente, la totale mancanza di rispetto professionale oltre che umano. E non è un caso isolato.

  9. Condivido ogni parola.
    Sapevo della svalutazione economica del lavoro nel settore fotografico e del fotoritocco. Ma non ero aggiornato ed è piuttosto triste leggere le cifre che ho letto.

    Tutta la mia solidarietà al tuo allievo. Spero segua il tuo consiglio.

    1. Si dice che quando arriva l’inondazione si distrugge tutto, ma c’è almeno un lato positivo – i canali si ripuliscono e si può ricominciare. In questo caso però non mi sembra così. Una sera ho avuto una lunga chiacchierata con una persona molto giovane che ha partecipato a un mio corso. Nelle sue parole, lavora: fa la fotografa e ha dei contratti con dei locali. Tecnicamente è vero, ma allo stesso tempo la cosa non sta in piedi. Non sta in piedi perché non è pensabile che qualcuno debba sobbarcarsi trasferte di qualche decina di km, passare sei ore a scattare foto, post-produrle dando loro un look possibilmente di tendenza (basta un’azione che faccia tutto giallo, verde o magenta a seconda della stagione e delle mode, in realtà), mettere il logo del locale su circa trecento scatti e consegnare tutto in cambio di €30, forse €50 quando va bene. Questo non è “essere fotografi”, nonostante implichi un trasferimento di denaro a seguito della consegna di materiale che è indiscutibilmente di tipo fotografico. E il giudizio, sia ben chiaro, non è sulla capacità o meno della persona, anzi: è sull’etica del trattamento. La faccenda è chiarissima anche alla persona in questione, che però risponde con due argomentazioni: una sbagliata, una tristemente giusta. Quella sbagliata è “sai, sono amici…”. Quella giusta è “se io non lo faccio, qualcun altro lo farà perché questo è quanto questo lavoro vale sul mercato.” Logica aristotelica vuole un’unica conclusione: tu pensi che ci sia un mercato, ma in realtà non c’è più. In questi contesti, e non solo in questi, è la triste e semplice verità.

  10. ciao, sono un fotografo per e-commerce legato al settore orafo e bijoux, e so cosa vuol dire litigare sul prezzo pur avendo una formula anomala per il mercato italiano. Su una cosa però non cedo, è il lavoro di chi collabora con me. chi ritocca per me mi fa un prezzo che io non metto mai in discussione, la massimo posso rivedere l’intero preventivo con il grafico ed il cliente finale (cioè non tratto più il grafico da collaboratore ma lo porto al tavolo con il cliente e lo tratto da professionista indipendente). In molti casi di contro presento i miei clienti direttamente ai miei grafici per mille altri lavori, credo che la condivisione oggi sia la base del nostro lavoro o per vederla male la nostra unica salvezza. Ho apprezzato molto il tuo articolo, e condivido con te che certi clienti pronti alla guerra sul prezzo possono serenamente trovare altri professionisti senza più farmi perdere tempo. (per alleggerire) una volta c’era la guerra tra tipografi e fotografi, si accusavano di incompetenze varie chi non sapeva cosa fossero i 300dpi chi stampava senza rispettare profili colore… oggi la “guerra” è tra grafici ritoccatori e fotografi…. insomma sti fotografi sono sempre in mezzo alle rogne…. non è che ci sentiamo più fighetti di altri? e ci sentiamo il diritto di guardare dall’alto in basso un po’ tutti? (si scherza!) 🙂

    1. Ricky, la linea che descrivi è correttissima. Non c’è nulla di male a discutere sull’aggiustamento di un preventivo nel caso ce ne sia bisogno; anche perché in certi lavori, come ben sappiamo, la continuità di rapporto con un cliente può avere maggior valore di un paio di Euro in più a pezzo che si potrebbero magari spuntare in un rapporto di lavoro occasionale, che si apre e si chiude in una singola commessa. Quanto al passare contatti e potenzialmente clienti a chi collabora con noi, per me è la prassi: lo faccio da sempre e mi ha sempre portato solo vantaggi.
      Sul tuo ultimo commento, credo che il problema non stia nei fotografi che se la tirano troppo. Per come la vedo io, il problema è che si sono mescolate le competenze in maniera inestricabile, e tutti pestano i piedi a tutti. Le cose funzionano quando ognuno può metterci le sue capacità, senza doversi improvvisare ciò che non è.

  11. Sono un Fotografo. E sono anche uno di quelli molto polemici. E c’è anche una persona nella scena che mi considera una persona dalla ‘bassa caratura morale’.
    Ma sottoscrivo TO-TAL-MEN-TE il discorso di Marco.
    Ogni lavoro ha delle competenze specifiche, che costano, in proporzione al tempo necessario per svolgerlo ma sopratutto al tempo necessario per IMPARARE a svolgerlo. Conosco Post Produttori che hanno totalmente e incondizionatamente il mio rispetto. E anche io conosco ‘clienti’ che pretenderebbero di valutare il costo di uno scatto (ovviamente valutandolo pochissimo).
    Anche io ho ‘regalato’ il mio lavoro a persone per le quali non lavorerò mai più. E’ un gesto di sfregio, il più grande sfregio che si possa fare ad un ‘cliente’.
    Per fortuna non tutti sono così… e sia le figure del Fotografo, del Post Produttore e del Cliente sono varie e variegate.
    Ma sono d’accordo… Basta! Non si può accettare tutto come se stessimo chiedendo l’elemosina. Stiamo Lavorando.
    Bravo Marco! La mia stima per te non solo resta immutata, ma aumenta mano a mano che ti conosco. ^_^

    1. Grazie Simone, soprattutto per avermi regalato un’espressione alla quale non avevo pensato: “gesto di sfregio”. È esattamente ciò che penso. E a prescindere da tutto, purché non ci sia sangue e purché ci sia una solida ragione morale per portarlo a compimento, a volte uno “sfregio” di questo tipo è esattamente ciò che serve.

      1. il problema è che ci sono clienti “seriali” che approfittano dei “regali” di tutti o contestano qualsiasi cosa a tutti i professionisti che incontrano per non pagare o pagare il minimo quando vogliono, se siamo in tre a mandarli via troveranno un quarto un quinto un sesto professionista che non sapendo verrà sfruttato e preso in giro, o peggio ancora troverà un ragazzino che per due lire penserà ” ma si lo faccio per farmi esperienza”. (certo non metto in paragone il lavoro del ragazzino con un professionista) questa storia non avrà mai fine per loro. che si fa? un bel passaparola dei clienti “burloni” 🙂 (scherzo un’altra volta)

  12. Spero che “il fotografo” si sia scusato e che abbia deciso di sua volontà di raddoppiare il compenso al “ritoccatore”.
    Altrimenti son convinto che tutti gli “abusivi” gli daranno la caccia per rubargli i lavori ^_^

    1. Volevo aggiungere una considerazione: attenzione a regalare i lavori, ci sono personaggi che saltano di palo in frasca sperando questo.
      Io, in parallelo magari, inizierei con del sano sputtanamento dando la possibilità a chi verrà contattato in seguito di sapere chi si trova difronte.
      Voglio dire…se Olivotto dice una cosa per quanto mi riguarda è degna di essere presa in considerazione … magari non rifiuterò il lavoro dando il beneficio del dubbio al “fotografo” ma pretenderei il pagamento anticipato 😉

      1. Vero, Adolfo, e infatti – ripeto – la mia è una provocazione. Di recente ho avuto un’esperienza simile. Un cliente, poche ore prima di pagarmi l’anticipo pattuito ha annullato il lavoro, e va benissimo così. Il motivo era auto-evidente, e di nuovo va benissimo così. Per come sono fatto io, però, non vado a parlare male in giro delle persone; al massimo posso farlo in confidenza con chi conosco bene, ma i miei giudizi di norma restano con me. Perlomeno, non faccio il nome del peccatore, limitandomi a dire il peccato. Questo può essere discutibile, ma rimango convinto che non posso esigere correttezza se io non lo sono per primo. E, aggiungo, non so mai chi ho davanti. In passato ho avuto serie difficoltà per avere rivelato alcune cose in confidenza a persone delle quali mi fidavo, salvo ottenere l’effetto di avere le mie questioni messe in piazza, talvolta in contesti a cui tenevo molto. Per cui mi rifaccio al Metastasio: “Un bel tacer talvolta / Ogni dotto parlar vince d’assai.”

  13. Marco,leggo ora … e mi è venuto il nervoso…ma a questo sono abituato e ci ho fatto il callo.Purtroppo però mi è salita una amarezza nel risentire cose che ormai sono all’ordine del giorno e che toccano ormai ogni settore lavorativo e ogni nodo della filiera.Il famoso #CoglioniNO! qui rende ancora più l’idea tanto più per il fatto che due lavori così strettamente legati dovrebbero andare a testa alta avanti insieme e con onestà, intellettuale prima di tutto.
    Concordo a pieno con la tua analisi, giudizio e do tutto il mio appoggio morale alla persona che è stata oggetto di questo spiacevole evento.
    F.

  14. Articolo molto bello e sentito, molto passionale oserei dire. E questo mi piace ed è per me motivo di ulteriore stima. L’impostazione del “regalare il lavoro” a chi non ne sa valutare il valore è un’ottimo approccio… non ci avevo mai pensato, ma credo che te lo “ruberò” 🙂 – Grazie e buon lavoro

  15. Leggo solo ora, e desidero aggiungere poche righe di commento.
    Faccio il fotografo industriale dal 1971 e dal 1990, con Photoshop 3 ho dovuto e continuo costantemente ad imparare e quindi il mio commento nasce da quarant’anni di esperienza e di problemi analoghi che quotidianamente vivo anch’io.
    Oggi, dove tutti “dicono” di saper fare tutto e spesso non sono nemmeno mestieranti, ciò che è accaduto al tuo allievo, purtroppo è la norma. È la guerra dei poveri e mi dispiace constatare che il cliente del tuo allievo sia o si ritenga un fotografo!
    Ogni commento è superfluo, ma lo inviterei a leggere e frequentare Tau Visual per esempio; forse capirebbe che è fondamentale il rispetto per la professionalità degli altri, anche a livelli di costo del lavoro.
    Cordialmente.

    1. Grazie, Daniele. Sì, Tau Visual è una buona idea ed è un riferimento imprescindibile. Penso però anche che il problema sia più radicato a monte… e non so quanto potrebbero servire in casi come questo i riferimenti all’etica professionale. Se non ne hai, o ne hai poca, non ne hai.
      A presto!
      MO

  16. ciao Marco, bello leggere un articolo così vicino come esperienza e come punto di vista a quello che accade giornalmente a me e ai miei colleghi coetanei.
    tra le cose che ho spesso notato, in diverse misure ma in maniera costante, c’è un grande divario fra fotografi e ritoccatori: è molto raro stabilire un vero rapporto di collaborazione in cui ognuno fa la sua parte per raggiungere un obiettivo comune: ricordiamoci che se il compenso è adeguato, perchè questa è la cosa più importante trattandosi di ‘lavoro’, poi c’è anche la soddisfazione per tutti di aver creato un prodotto valido!

    non riesco a capire molto bene qual è il momento in cui questa spaccatura si crea; spesso, anche se non viene mai detto chiaramente, ho la sensazione di essere vista come una professionista a metà: ‘che ci vorrà mai a cliccare due pulsanti? e poi mica vorrai far credere che è un lavoro vero stare davanti al computer tutto il giorno!’.
    lo è, comporta studio e preparazione, consegne puntuali, controllo qualità e soprattutto fatturazione se dio vuole! :))
    ho pensato che potesse essere un divario generazionale [che per me diventa anche di genere, non avendo solo 26 anni ma essendo anche una donna in un’industria a prevalenza maschile] ma leggendoti capisco che anche i colleghi più adulti vengono vessati dalle stesse problematiche.
    come se non bastasse lo Stato ad umiliarci su base annuale 🙂

    personalmente, e mi rendo conto di parlare da una posizione molto privilegiata avendo già una base di clienti ‘rispettabili’ [sperando che duri!], pongo sempre molto chiaramente le condizioni del mio lavoro ai nuovi clienti e faccio in modo che sia estremamente chiaro nel caso avessero dubbi qual è l’impegno richiesto, quali sono i vantaggi che porto al progetto e per cui chiedo le cifre che chiedo. a volte funziona, a volte no, ma ritengo molto importante iniziare i rapporti di lavoro con il piede giusto quando è possibile. conosco fin troppe persone, e immagino anche tu, che con la storia dei prezzi di favore per prendersi/tenersi un cliente, i prezzi in amicizia etc, rimangono per anni schiavi di tariffazioni assolutamente inadatte. non sono così radicale da non considerare questa ipotesi, ma credo sia importante che quando si fa un favore sia chiaro a tutti che è..un favore!
    penso che come professionisti abbiamo il dovere di opporci, nei limiti della sopravvivenza professionale, a queste dinamiche. e forse piano piano diminuirà questa tendenza allo sfruttamento mascherato da collaborazione.

    non avevo considerato l’ipotesi di regalare il lavoro e mi sembra davvero un’alternativa molto interessante, è veramente l’estremo schiaffo morale [al cliente che è in grado di riconoscerlo, perchè a volte sono sicura neanche capirebbero].

    ho iniziato a seguire con più regolarità i tuoi contenuti da poco e colgo l’occasione per ringraziarti di tutte le risorse che fornisci gratuitamente, compresi gli spunti di riflessioni che hanno più a che fare con le ‘tecniche di esistenza’ che con Photoshop e credo servano tanto quanto.
    Luna

    1. Grazie mille del tuo commento, Luna: mi fa molto piacere e vedo che la pensiamo in maniera simile.
      Il problema dello “svendersi” è purtroppo molto diffuso e lo sappiamo bene. Se può consolare, non riguarda soltanto il settore delle arti grafiche (in senso allargato) ma anche molti altri. In parte questo ha a che fare con la disponibilità delle nuove tecnologie, che sono alla portata di tutti e che si “lasciano usare” in qualche modo, ma soprattutto, ha a che fare con la caduta della qualità che tutti hanno accettato e che ha portato, ahinoi, alla perdita del gioco di squadra, che a mio parere resterebbe essenziale.
      Se aggiungiamo che la cultura in questo campo è a livello abbastanza scarso e si basa su miti spesso errati e affermazioni non dimostrate, lo sconforto potrebbe prendere il sopravvento.
      Credo però anche che mollare, ora come ora, sarebbe peggio. Esiste, ne sono certo, una nicchia che ancora mira a risultati di livello e ad avere le idee chiare professionalmente. La domanda è se e quanto potrà sopravvivere, ma l’importante per ora è che esista; e che noi non la vogliamo abbandonare a se stessa.
      Grazie ancora e a presto!
      MO

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