Armando Gallo – L’intervista | 2 | Genesis

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[La prima parte di questo articolo si trova qui.]

Fu il tuo contatto con Tony Stratton-Smith a condurti ai Genesis?

Il mio contatto con Tony fu una buona cosa. Non continuai a fare il giornalista: ero un grande fan del rock, ma l’anno successivo “BIG” iniziò a vacillare, perché lo stesso editore iniziò a pubblicare “Man” e “Playman”, e boom!, andarono alle stelle. Quindi smisero di pubblicare “BIG”. “BIG” assorbì “Ciao Amici” e divenne “Ciao Big”, e dopo un periodo un po’ caotico riemerse come “Ciao 2001”.

 

Il festival dell'Isola di Wight nel 1970. (Fotografo sconosciuto)
Il festival dell’Isola di Wight nel 1970. (Fotografo sconosciuto)

Nel 1970 scrissi un articolo molto sincero sul disgustoso epilogo del festival che si tenne all’Isola di Wight. Bob Dylan prese $600.000 per partecipare, una somma enorme all’epoca, e il festival non fu molto ben organizzato: ci furono dei momenti buoni, ma alla fine il luogo era un disastro, pieno di immondizia… non era così che la musica rock andava trattata, capisci? Il mio articolo non venne pubblicato, ma Saverio Rotondi, che era il contabile dell’editore, finì per dirigere la rivista e mi chiamò dicendo: “Sono il nuovo direttore di Ciao 2001 e la gente non ti sta sfruttando al meglio in questa rivista. Mi piace ciò che scrivi da Londra, quindi potresti farmi due articoli alla settimana? Ti do carta bianca per scrivere su qualsiasi cosa riguardi la nuova scena. I Beatles e i Rolling Stones non mi interessano: voglio che tu scriva di ciò che accade a Londra adesso, i gruppi nuovi. Inoltre – riesci a scrivermi una rubrica di notizie ogni settimana?”

Beh… questa era la telefonata che probabilmente avevo atteso dall’istante in cui avevo scritto l’articolo su Rita Pavone. Non incontrai Saverio in quell’occasione, ci parlammo al telefono e basta. Questa telefonata fu la conseguenza dell’articolo non pubblicato sull’Isola di Wight: lo aveva letto e aveva pensato “questo tizio ha il polso di ciò che sta succedendo a Londra”. Forse. Era il settembre 1970.

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Il poster che pubblicizza i concerti dei Pink Floyd in Italia, nel giugno del 1971.

Ero finito nel mezzo di un incredibile rinascimento musicale inglese che era sgorgato dal vuoto lasciato dai Beatles quando si erano sciolti. Tutti questi nuovi gruppi che iniziarono a suonare, e di colpo ce n’erano ovunque. Non avevano un vero e proprio management… alla base c’era essenzialmente molta passione. I Pink Floyd avevano un agente che si chiamava Steve O’Rourke che più tardi divenne il loro manager. Lo so perché feci da procacciatore di gruppi per il Piper Club di Roma nel 1967 e 1968… Portai The Gun, Brian Auger, White Rabbit a Massimo Bernardi del Titan Club e lo aiutai anche a portare in Italia Jimi Hendrix. Poi riuscii a far suonare i Pink Floyd al Regent Street Polytechnic per duecento sterline, verso la fine del 1968. Dave Gilmour aveva sostituito Syd Barrett e avevano bisogno di suonare dal vivo, anche per amalgamarsi. Furono molto grati che gli avessi trovato una data per tale somma. Quando nel 1971 vennero in Italia scesi con loro e mi chiesero di presentarli sul palco a Brescia e a Roma. (NB: la locandina riporta Bologna, ma è sbagliata – il concerto si tenne effettivamente a Brescia.)

In ogni modo, tre mesi dopo la telefonata di Saverio smisi di lavorare per la Chamberlain Parking Systems e divenni un giornalista e fotografo professionista a tempo pieno, perché a quel punto ero in grado di fotografare, e quello che mi veniva chiesto era di fotografare e scrivere una storia. Questo divenne il famoso “Fototesto di Armando Gallo” e “Recentissime da Londra”.

Nel 1971 provai a tornare in Italia pensando che avrei potuto trovare una buona posizione alla RAI o in qualche casa discografica, con tutta l’esperienza che avevo fatto, ma si dimostrò impossibile perché ero andato molto avanti, a quel punto. Io ero cambiato, ma l’Italia no. Ed è ancora così oggi (ride): l’Italia in generale è rimasta arretrata rispetto allo sviluppo tecnologico del resto del mondo. Nel 1971 però rimasi in Italia tutta l’estate e lavorai nell’ufficio di “Ciao 2001” a Roma, riuscendo così a conoscere meglio Saverio Rotondi… e tornai in Inghilterra con una paga migliore. In un certo senso la mia vera carriera iniziò lì. Conoscevo anche tutte le etichette discografiche italiane e collaboravo con loro: molti dei gruppi che venivano in Italia avevano un’agenzia che io gli avevo trovato, e in cambio loro mi pagavano il viaggio, io scendevo in Italia e scrivevo un articolo su di loro, il classico “In tour con…”.

Quando i dischi dei Genesis venivano pubblicati in Italia, la copertina interna conteneva le traduzioni dei testi fatte da te. Fu così che ti conobbi, era la prima volta che leggevo il tuo nome. La domanda è questa: nel 1978, quando io avevo tredici anni, comprai “Selling England By The Pound”; tu ti eri accorto, all’epoca, di quanto importanti i testi fossero per noi da questa parte del mondo? Lascia che te lo dica… se ho imparato l’inglese, è stata colpa tua!

Ti dirò… io ho imparato l’inglese leggendo e volendo tradurre le canzoni dei Beatles. Dopo aver tradotto le canzoni dei Beatles fui in grado di iniziare a leggere qualcosa in inglese, e cominciai con riviste di rock come “The Record Mirror”. Quella fu la prima rivista che lessi, e a tutti gli effetti il primo articolo che scrissi in Inghilterra fu su The Rokes, per “The Record Mirror”, nel 1967.

Quando tornai in Italia nell’estate del 1971 iniziai a intervistare gruppi italiani come Le Orme, Rovescio Della Medaglia, I Pooh… Mi resi conto che le persone erano molto interessate a conoscere i significati delle canzoni: così, quando tornai a Londra, Saverio Rotondi aggiunse una rubrica chiamata “Sotto le note”. I lettori potevano scrivermi e chiedere che traducessi certe canzoni. A quel punto i Genesis stavano pubblicando “Foxtrot”, e io tradussi “Supper’s Ready” per la rubrica.

Peter Hammill sciolse i Van Der Graaf Generator, che erano al primo posto in Italia, e il primo album che registrò dopo lo scioglimento fu “Chameleon In The Shadow Of Night”. Quello fu probabilmente il primo album che tradussi. Peter Hammill era un poeta eccezionale e io pensai – diavolo, perché no? Pubblicano un libro di un poeta americano in Italia, e abbiamo la traduzione a fronte; che ne dite di Bob Dylan, voi della CBS? Mi lamentavo. …Quindi tradussi “Chameleon In The Shadow Of Night” che pure uscì con una traduzione in italiano. A quel punto i Genesis stavano registrando “Selling England By The Pound”, e feci anche quello. E un anno dopo Tony Smith, che era il loro manager, mi disse: “Armando, stiamo uscendo con un album, è un doppio, la storia è molto complicata, bla bla, ti dispiacerebbe tradurlo…? Potrei farti passare un po’ di tempo con Peter (Gabriel).

Peter  si era trasferito a Bath, all’epoca, e aveva scritto tutta la storia e i testi. La sua splendida moglie Jill aveva appena avuto una bimba e quindi passai un fine settimana nel loro cottage. Ti ricordi le tre foto di me e Peter sul mio sito web? Le facemmo quel weekend, nel mese di settembre 1974, quando io e lui tentammo di affrontare tutto “The Lamb Lies Down On Brodway”. Una storia molto complessa, fu un sacco di lavoro.

Io traducevo tutto letteralmente, ma poi compariva un asterisco e Peter mi spiegava il significato vero. Perfino quando me lo diceva, non riuscivo a capirlo! (Ride)

Comunque non sei l’unico a dire che hai imparato l’inglese in questo modo. Qualche anno fa ero al festival di Sanremo, più o meno negli anni ’90, e stavo con un gruppo di persone di Mondadori… e arrivò questo tizio… “sì, sì, è lui!” gridò verso un’altra tavola. Era il direttore di Radio Popolare, di Milano, che mi chiese: “sei Armando Gallo?” Si allungò sopra il tavolo e disse: “mi hai cambiato la vita, amico, ho imparato l’inglese grazie alle traduzioni di ‘Selling England By The Pound’!”

Esattamente come me. Io iniziai con Bob Dylan, ma con “Selling England” fui in grado per la prima volta di confrontare le mie traduzioni con traduzioni vere. Non c’erano molti libri in Italia, all’epoca. Ce n’era uno con le traduzioni dei Beatles, ma era terribile. E poi Arcana iniziò a farli, e uscì Bob Dylan, e poi arrivarono i Rolling Stones… ma penso che le tue traduzioni fossero migliori. “Selling England” era una lettura pazzesca.

Mi presi diverse critiche per la parola “wardrobe”, nel brano “I Know What I Like”. Mi dicevano – “ma ‘wardrobe’ non significa ‘armadio’, indica le cose che indossi!” E io rispondevo di no, perché avevo letto C. S. Lewis e le sue “Cronache di Narnia”: nella prima storia attraversano il “wardrobe” e si trovano in un mondo fantastico… era quello, il riferimento. Lo splendido mondo dei Genesis!

Parlavi di gruppi italiani come Le Orme, e a un certo punto collaborasti con la PFM. Che differenza c’era tra loro e i gruppi della scena inglese, all’epoca?

La PFM era un gruppo con grandi musicisti e credo che potessero tenere testa molto bene agli inglesi e agli americani… sì, potevano eccome, e infatti io fui il loro PR a Londra nel 1974. Vennero votati come migliori esordienti nel New Musical Express, alle spalle di Golden Earring e Queen. Svolgevo il ruolo di ufficio stampa e mandavo notizie su di loro alle riviste musicali ogni settimana. Così mi portarono in tour con loro in America nel novembre 1974, perché scrivessi di loro una volta alla settimana per “Ciao 2001”. Prima di MTV la promozione si faceva con i concerti dal vivo e le interviste sulla stampa. Andai in tour con loro a novembre e dicembre e mi innamorai dell’America e in particolare della California. I Genesis avrebbero portato in tour “The Lamb Lies Down On Broadway” a gennaio, quindi andai dalla Charisma, la loro etichetta discografica, e dissi: “Se mi fate andare in California farò le foto per ‘Ciao 2001’ e poi ve le consegnerò tutte.” Così mi pagarono il viaggio, gli alberghi. Andai in tour con i Genesis a San Francisco, Los Angeles e San Diego, e mi tenni forse cinquanta o sessanta diapositive, dandogli il resto: e le persero tutte! C’era un buco nero alla Charisma: persero letteralmente tutto. Alla fine mi trasferii in California nel mese di aprile 1975.

Fu più o meno allora che Peter Gabriel lasciò i Genesis.

La stessa settimana che me ne andai per trasferirmi in California, i Genesis ricevettero il disco d’oro per “Selling England By The Pound” all’Hotel Savoy.

Ah, c’è una tua foto di quel momento…

I Genesis all'Hotel Savoy, nel 1975. © 1975 Armando Gallo.
I Genesis all’Hotel Savoy, nel 1975. © 1975 Armando Gallo.

Esatto. Quel giorno, Phil Collins mi prese da parte e mi disse: “ho sentito dire che vai in California e voglio dirti una cosa, perché non voglio che tu lo venga a sapere da altri, ma non dirlo a nessuno… sto per lasciare il gruppo perché voglio formare un gruppo mio – ma non dirlo a nessuno!”
“Oh, mio Dio, davvero?”
E così me ne andai in California, e in agosto qualcuno mi disse:
“Hai sentito? Peter Gabriel ha lasciato i Genesis.
“Ah, no, Peter Gabriel non ha lasciato i Genesis, Phil Collins se n’è andato!”
“No, Peter!
“Nooo…”
Quindi fu una doppia sorpresa per me. Non dissero assolutamente nulla sul fatto che Peter aveva deciso di andarsene. All’epoca, credo che Phil pensò che dal momento che Peter se ne andava il gruppo si sarebbe sciolto, e quindi decise di saltare giù dalla nave che affondava per formare i Brand X.

In ogni caso, la sensazione dall’esterno era che tu fossi molto vicino a Peter Gabriel quando se ne andò. Una delle cose per le quali ti ricordo, anche se ci fu qualche anno tra le due uscite, è che pubblicasti due libri che cambiarono il volto della stampa rock: uno sui Genesis e uno su Peter Gabriel. “I Know What I Like” fu, perlomeno in Italia, probabilmente il primo libro fotografico su un gruppo rock che fosse ben fatto e ben pensato. Mi racconti una delle storie di quell’epoca, che saranno milioni, e com’era il tuo rapporto con loro a quel punto? Sui Genesis o su Peter Gabriel, come vuoi.

All’inizio del 1976 vivevo in California. Non volevo tornare in Europa, almeno per un anno o due: volevo assorbire la California. Ero lì da circa un anno e arrivò Peter. Venne a trovarmi, cenammo assieme e io gli dissi: “andiamo sul Sunset Boulevard a fare qualche foto in notturna?” Doveva andarsene la mattina dopo. Mentre lo fotografavo gli chiesi: “e adesso che farai, Peter? Registrerai un album?” A cena, ridendo, mi aveva detto che stava “facendo bambini e coltivando cavoli”. Gli dissi: “dai, devi fare un album…” Mi rispose: “Non lo so, perché siamo stati a New York, e poi qui, sperando di avere un contratto per le edizioni e un anticipo, in modo da poter il mio primo disco solista, e prendere i musicisti che voglio, perché vorrei usare musicisti americani…”

Peter Gabriel sul Sunset Boulevard nel 1976. © 1976 Armando Gallo.
Peter Gabriel sul Sunset Boulevard nel 1976. © 1976 Armando Gallo.

Steve Hackett uscì con “Voyage Of The Acolyte”, che ebbe un successo a sorpresa, e i Genesis avevano appena pubblicato “A Trick Of The Tail”, che era andato in orbita… BOOM! Gli editori a un certo punto dissero: “Oh… pensavamo che Peter Gabriel fosse la forza motrice dietro i Genesis, ma in realtà cosa ha fatto con i Genesis? È davvero un buon autore? O ci darà dei problemi?” Mentre stavo facendo quelle foto, le stesse sulle quali tu hai lavorato, con Peter seduto sulla mia Buick Centurion, esattamente in quel momento, ci fu una luce dietro di lui prodotta dal lampione nascosto dalla sua testa, e io pensai: “Devo scrivere un libro, stavolta…” Non avevo mai scritto un libro, ma pensai che era ora di farlo e di raccontare la vera storia dei Genesis. Dovevo raccontarla. E quando feci quella foto, per me era la copertina del libro. Era un po’ come gli angeli di Peter Gabriel, capisci…? Io volevo… c’è un’espressione: “the bishop of the underdogs”, “il vescovo di quelli che arrivano sempre secondi”… ecco, io ho passato la vita a fare quello! Mi resi conto che dovevo aiutare a raccontare la storia vera e dire chi Peter fosse, di fatto, e cosa aveva fatto per i Genesis. E probabilmente non avrebbe più potuto fare molto con loro perché gli altri non gliel’avrebbero permesso: “The Lamb Lies Down On Broadway” è un’idea essenzialmente tutta sua. Se ne andò anche perché dopo avere imposto la sua volontà in quell’album, gli altri gli avrebbero detto: “adesso stai seduto lì buono e lasciaci fare il prossimo album”. In quel momento pensai che avrei scritto un libro e che sarebbe stato un libro per l’Italia. Non ho mai pensato di fare un libro in inglese, perché non avevo mai studiato la lingua. All’epoca avevo una rubrica in “Ciao 2001” che si chiamava “California Voice”, e c’era il mio indirizzo. Per questo mi arrivava un sacco di posta, e la maggior parte delle lettere chiedeva: “Perché Peter ha lasciato i Genesis? Cosa accadrà adesso? I Genesis non esisteranno più…” La mia idea era che il libro avrebbe dovuto rispondere a tutte queste domande.

Poco tempo dopo i Genesis vennero a suonare a Los Angeles, e fecero un concerto così spettacolare che pensai: “Eh… finirò per tradire Peter se scrivo la verità su questa versione dei Genesis.” Sai come vanno queste cose… Quindi andai da Tony Smith e gli dissi: “Lo spettacolo mi è piaciuto tantissimo, ma non so come scriverne. Mi paghi il volo fino a Fort Worth?” Avrebbero suonato a Fort Worth in Texas. “Ti do le foto se mi paghi il volo!” Ehi, questa è la storia della mia vita (ride): “paga il volo –  ti regalo le foto”. Così andai a Fort Worth… e scrissi la storia per “Ciao 2001”, innamorandomi di nuovo dei Genesis. Quando arrivò la fine dell’anno fu ora di tornare in Europa dopo quasi due anni in California. Volevo uno shock culturale, capisci… e fu splendido. Ma scrissi al gruppo che volevo scrivere un libro su di loro, potevamo incontrarci? E ci incontrammo. Ho scritto questa storia nell’introduzione del libro “Evolution Of A Rock Band”.

Ci incontrammo appena due o tre giorni prima di Natale e pranzai con Mike Rutherford e Tony Banks. Avevano appena pubblicato “Wind And Wuthering” e stavano per iniziare un tour di sei mesi l’1 gennaio. Amavo “Wind And Wuthering”… era un disco splendido e così romantico, era semplicemente… grandioso. Così gli chiesi se potevamo passare un po’ di tempo assieme: li avrei intervistati, e magari sarei andato in tour con loro e avremmo potuto parlare dopo i concerti, quando nessuno riesce a dormire a causa dell’adrenalina. A quel pranzo Mike mi disse: “Sarà una grossa mole di lavoro, Armando…”
“Sì, lo so.”
Tony fu più diretto: “Da dove vuoi iniziare?”
“Da te…”
E così feci la prima intervista con lui, quel pomeriggio, nella sua casa a Twickenham, e  durò tre ore! Andai in tour con loro in Inghilterra e raccolsi alcune interviste interessanti: sapevo di avere una grande storia da raccontare.

Poi… attorno a febbraio, Peter Thompson, il loro agente stampa, ricevette una telefonata da un editore inglese, Sidgwick & Jackson, che disse: “Saremmo molto interessati a pubblicare un libro sui Genesis”. La risposta fu: “Oh, qualcuno lo sta già scrivendo, è un certo Armando Gallo!” Così, con la trascrizione della prima intervista andai da Sidgwick & Jackson e mi incontrai con Stephen DuSotoy. Pensò che avessi già finito il libro perchè il manoscritto era alto così! Avevo le trascrizioni nella mia valigetta. Quindi mi offrì un proposta di contratto, facendo una proposta veramente ridicola: 2,5%… “E che mi dite delle foto?”
“OK, 4%…”
In primavera il gruppo venne negli USA. Andai a vederli, ma ero abbastanza disilluso sulla possibilità di pubblicare il libro.

Nel mese di giugno, Tony Smith mi chiamò e mi disse: “stiamo registrando un album dal vivo a Parigi, dovresti venire: sarebbe ottimo per il tuo libro e potresti fare delle foto per la copertina dell’album.” Andai da lui, ci recammo da Sidgwick & Jackson per fare un contratto vero… Lui si comportò come se fosse il mio manager e riuscì a spuntare un contrato migliore, e poi ce ne andammo a Parigi.

Subito dopo avere lasciato Los Angeles avevo visto un film appena uscito, intitolato “Star Wars”. OK? Diavolo! E quando li vidi a Parigi, alla fine di “Afterglow”, quando le due file di luci di atterraggio dei Boeing 747 calavano dall’alto… mi sembrava di vedere un’astronave in atterraggio! Per me era La Forza! Quando scattai la foto del palco dal lato di Steve Hackett, sapevo di avere appena realizzato la fotografia di copertina. Corsi dietro il palco dopo il concerto… e partii con (apre le braccia): “Che la Forza sia con te!” Pensarono che fossi andato totalmente fuori di testa! (ride)

Dicevo questa frase a tutti, ma nessuno capiva di cosa stessi parlando. Infatti Peter Gabriel… una volta gli dissi: “Che la Forza sia con te!” e lui rispose: “…è il nome di un nuovo gruppo?”

Quindi passai il mese di giugno in tour con i Genesis… sai, nessuno aveva sentito parlare di Star Wars in Europa! Ecco perché quella foto è così importante per me. Quando infine mostrai le foto al gruppo in luglio, durante una pausa dei mix che si svolgevano ai Trident Studios, quando la foto apparve venne scelta immediatamente. Avevo la copertina anteriore, quella posteriore e una dozzina di foto per l’interno, tutte scelte dal gruppo. E tornai negli USA per scrivere il libro e finirlo. L’accordo era che avrei consegnato il manoscritto definitivo a Sidgwick e Jackson alla fine del mese di settembre.

In quei giorni scoprii che non potevo avere figli. In un certo senso fu un sollievo, perché sarebbe stato difficile fare il padre… ci avevo messo tre o quattro anni per decidere di avere un figlio con Barbara, con la quale ero sposato da cinque anni. E così mi accorsi che la scadenza del libro era nove mesi esatti dal giorno in cui ero andato a pranzo con Tony e Mike e ci eravamo detti: “da dove iniziamo?” Il libro era stato concepito allora, e finito nove mesi dopo, e pensai che forse, in questa vita, avrei dovuto avere un altro genere di figli, capisci? Il libro era il mio primo bambino, senza dubbio.

E per tornare alla tua domanda, quando il libro fu pubblicato nell’estate del 1978 uscì con… una fotografia di due piedi in copertina! Non una mia foto! Lo avevano stampato malissimo… mi sentii come se mi avessero danneggiato il bambino, capisci? Quindi decisi di farlo per conto mio, in America, perché il contratto riguardava solo l’Inghilterra e i Paesi del Commonwealth. Nessuno poteva rovinarmi il bambino, in America e nel resto del mondo!

Quindi l’anno dopo andai in Inghilterra. Phil Collins aveva lasciato il gruppo di nuovo (sorride) nel gennaio 1979 e si era trasferito a Vancouver con la famiglia. In agosto, dopo avere fatto un tour con i Brand X, tornò in Inghilterra e rimise in piedi i Genesis… fece “Intruder” con Peter Gabriel, salì sul palco con lui al festval di Reading e fecero assieme “The Lamb Lies Down On Broadway”, il brano, intendo. Alla fine di setembre il gruppo si era riunito per scrivere un nuovo album che sarebbe poi stato “Duke”.

Quindi me ne tornai in America e riprogettai il libro come avrebbe dovuto essere, mettendo le foto in ordine con il testo, lo stampai bene, su carta raffinata… le foto a colori dovevano venire stampate su carta patinata, così sarebbero risultate incisive. Ne feci anche un’edizione rilegata, e un’edizione limitata in cuoio. Quello è il libro che hai visto in Italia…

Io, mentre mostro ad Armando il suo libro originale del 1980, durante l'intervista.
Io, mentre mostro ad Armando il suo libro originale del 1980, durante l’intervista.

Penso che sia qui… ce l’ho!

Sì! Quello è il libro che uscì come DIY Books Europe, che diedi in distribuzione a mio fratello Claudio per l’Italia e la Francia. Quello fu l’embrione della Fratelli Gallo Editori. Quel libro fu il primo nel suo genere perché pensai che Sidgwick & Jackson aveva fatto un mezzo disastro: il libro, come qualsiasi buon libro biografico, è pensato per i fans più affezionati del gruppo o dell’artista in questione, e ho sempre pensato che se qualcuno ama così tanto il gruppo da voler comprare un libro biografico dovrebbe poter tenere in mano il miglior libro mai fatto, giusto? Non solo una stupida edizione tascabile…

[La terza parte di questo articolo si trova qui.]

4 commenti su “Armando Gallo – L’intervista | 2 | Genesis”

  1. eccezionale, davvero.
    Grazie Marco, questo per i fan dei Genesis è un documento storico.
    Gianni

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