Armando Gallo e i Genesis: I Know What I Like

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Questo non è un articolo, ma l’introduzione a una serie di articoli. Di fatto, a una lunghissima intervista. Questo post è diverso da tutto il resto e può sembrare lontano dall’argomento del blog, ma non penso che lo sia. Di certo è un post molto importante per me perché chiude in qualche modo un cerchio apertosi moltissimo tempo fa. Naturalmente, serve una spiegazione.

Può darsi che sappiate, ma anche no, che nella mia vita precedente ero un musicista. Qualcuno potrebbe obiettare che sono stato un potenziale musicista che ha subito una mutazione trasformandosi in tecnico del suono e produttore musicale, ma questo non è così importante. Diciamo che ho lunghi trascorsi molto connessi alla musica. I musicisti, i tecnici del suono, i fotografi e i post-produttori hanno qualcosa in comune: ci occupiamo tutti di energia piuttosto che di materia. Il suono e la luce sono qualcosa che non possiamo tenere in mano, a differenza dei colori per dipingere o dell’argilla. Questa è una delle cose che ci differenzia da pittori e scultori.

L'icona dell'App.
L’icona dell’App.

Affermare che Armando Gallo è un fotografo significa sottovalutarlo. È anche un giornalista, uno scrittore e, piaccia o no, una leggenda vivente. Il motivo principale per il quale scrivo tutto questo è che lo conosco da trent’anni e stiamo ancora facendo piani, per una ragione o per l’altra, dopo avere passato così tanti cambiamenti nella vita che non riusciamo più a contarli. Credo che questo sia accaduto perché siamo stati gli amici più leali possibili anche quando non avevamo modo di parlare per lungo tempo. Però prima o poi ci incontravamo di nuovo, e la sensazione era che ci fossimo parlati il giorno prima. La scusa per scrivere tutto questo ora è duplice, invece: la sua ultima pubblicazione, una App per iPad sul gruppo musicale dei Genesis chiamata “I Know What I Like”, e il mio coinvolgimento in essa. Prima di parlare di questo, ho bisogno di raccontarvi una storia in modo da farvi capire chi sia questo personaggio.

Nel lontano 1986 (avevo ventun anni e ne mancavano ancora due alla mia laurea) lessi in una rivista che Armando aveva pubblicato un libro su Peter GabrielEro un grande fan di questo artista, e conoscevo il lavoro di Armando da vari album e riviste. Un suo libro era una garazia, punto. Curiosamente, sembrava che il libro fosse qualcosa tipo “fai da te”, dal momento che si poteva ordinare esclusivamente per posta. Scrissi una lettera all’indirizzo riportato in fondo alla pagina e presto ricevetti le istruzioni per l’acquisto. Nella mia lettera menzionai che stavo cercando di far ascoltare la mia musica, e Armando mi invitò a spedirgli una cassetta. Sì, all’epoca usavamo ancora quegli aggeggi di plastica. E così feci.

Pochi giorni dopo squillò il telefono a casa dei miei genitori. Adesso è divertente ricordarlo, ma risposi con pochissima voglia perché ero al 100% sicuro che mi stesse chiamando la mia ragazza dell’epoca, con la quale c’era stata qualche discussione. Invece no: una voce maschile con un forte accento romano disse “pronto?” e aggiunse “sono Armando Gallo”. A momenti mi cadde la cornetta, perché era uno dei miei eroi. Avevo passato decine di ore a studiare le sue traduzioni dei testi dei Genesis e posso certamente affermare che il mio primo vero incontro con la lingua inglese passò attraverso gli intricati giochi di parole pensati da Peter Gabriel e svelati da Armando. All’epoca avevo circa 13 anni, e questo mi catturò per sempre.

Armando apprezzò molto la mia musica, e mi disse che avrebbe fatto una deviazione durante uno dei suoi viaggi per venirmi a trovare. E così fece. Parlammo a lungo, quel giorno, e mi diede alcuni ottimi consigli. Tra questi, quello di ascoltare Peter Hammill, un artista che ha cambiato la mia visione della musica e che ha ispirato alcune delle mie decisioni professionali più radicali. Io e Armando rimanemmo in contatto. Di fatto, non abbiamo mai smesso di restare in contatto: magari siamo rimasti senza parlare per tre anni, ma sempre disponibili reciprocamente su entrambi i fronti. Dopo tutto, lui ora vive a Los Angeles e lavora a Hollywood: è uno dei membri votanti dei Golden Globes Awards, quindi potete immaginare…

L'icona dell'App di "So".
L’icona dell’App di “So”.

Qualche mese fa, una sera mi chiamò su Skype, senza preavviso. Mi disse che stava per chiudere “I Know What I Like”, la App sui Genesis. Aveva già pubblicato la splendida App “So” per celebrare il 25° anniversario dell’album di maggiore successo di Peter Gabriel. Quando Armando mi disse che era alla ricerca di musiche aggiuntive che, nella sua intenzione, sarebbero servite come sottofondo per alcune delle pagine dell’App fui non poco sorpreso. Mi chiese se fossi interessato a partecipare, e la risposta fu ovvia come quella alla domanda: “il Papa è cattolico?” Niente è bello come fare musica senza aspettative e senza che ci sia del denaro sul tavolo: via dalle complicazioni delle etichette discografiche e dalle eterne promesse che “l’assegno è stato spedito” e via dicendo.

Questa è l'iconica fotografia di Tony Banks che ha avuto in sorte la mia musica.
Questa è l’iconica fotografia di Tony Banks che ha avuto in sorte la mia musica.

Da un po’ di tempo avevo in testa un breve frammento modale. La sera dopo accesi lo studio e lo registrai in Pro Tools in tre passate, alla prima ripresa. Era l’8 marzo, il giorno del sesto compleanno di mio figlio Simone. Per questo chiamai il brano “S.Now”, che non necessariamente significa “Neve”. Il 21 marzo ricevetti una breve e-mail: “L’abbiamo usato, caro!… Bellissimo… su una pagina che mostra un unico ritratto di TBanks dietro le tastiere.” Ero parecchio sorpreso che il mio frammento ce l’avesse fatta fino alla fase finale della App. Nel caso siate curiosi, potete sentirlo a pagina 187. All’epoca non potevo saperlo, ma la App di per sé è incredibile: non è semplicemente la riedizione del fondamentale libro di Armando “I Know What I Like”: si spinge molto più in là. È un piacere leggerla e guardarla, e sfrutta la tecnologia dell’iPad al massimo. La collaborazione che l’ha fatta nascere è centrata attorno a Gabriel Foux e alla sua ditta Zentric che si è assunta l’onere di programmarla e mettere insieme tutti i pezzi. Un compito non facile: vedere per crederci.

Sono naturalmente molto felice di essere stato in grado di contribuire con un frammento, specialmente ora che non realizzo poi molta musica mia, a meno che non mi venga richiesto e a meno che non mi vada di farlo. Sembrava una cosa sensata celebrare l’evento con un’intervista ad Armando, che accettò di rispondere con la sua solita generosità. Ha un senso farla apparire in questo blog? Vediamo: è uno dei fotografi di maggiore successo e più stimati nel campo della musica pop/rock e del cinema, e se riuscite a pensare il nome di un artista ci sono elevatissime probabilità che lui lo abbia fotografato. Ma questo ancora non è il motivo definitivo, che vorrei discutere tra pochissimo. Nel frattempo, date un’occhiata a questa, ad esempio: chi è quel tizio vicino ad Armando? Non riesco a ricordare…

Chi è quel tipo in piedi a fianco di Armando…?
Chi è quel tipo in piedi a fianco di Armando…?

Se, a dispetto di questo, vi state ancora chiedendo cosa ci faccia questa intervista in un blog che parla di Photoshop, vi dirò la verità nuda e cruda.

In estrema sintesi: non avrei scoperto i Genesis senza le traduzioni dei loro testi da parte di Armando, e probabilmente non avrei cercato di diventare un musicista senza i Genesis. Se Armando non mi avesse spinto a farlo nel 1986, non avrei incontrato Peter Hammill nel 1990. Senza l’ispirazione di Peter, non avrei lasciato il mio lavoro all’Università di Trento per tentare una carriera musicale come tecnico del suono e produttore (e in qualche modo riuscirci). In quel caso, non avrei mai fondato la mia prima ditta, Sonica Studios, e non avrei iniziato a produrre CD per terzi. Senza CD, e in un tempo successivo DVD, non avrei realizzato progetti grafici. Senza progetti grafici non avrei avuto probabilmente bisogno di connettermi con il mondo della stampa tipografica. Senza i brutti risultati che continuavo a vedere sulla carta e le domande che mi ponevo in merito, non avrei fatto grandi ricerche nel campo della correzione del colore – una cosa che mi è sempre interessata. Senza quei problemi, non avrei incontrato i libri di Dan Margulis, né i suoi corsi. Senza i suoi corsi, i suoi insegnamenti e il suo continuo sostegno, non avrei trasformato la mia carriera professionale da ciò che era a ciò che è ora. Senza questo passo, non avrei avuto questo blog. Senza questo blog, non starei scrivendo ciò che sto scrivendo. Credo sia abbastanza.

Non era previsto, ma ci ho messo molto a trascrivere tutta l’enorme mole di informazioni contenuta nell’intervista. Ho finito oggi, 11 ottobre. Per coincidenza, è il compleanno di mia madre; e sono sette anni esatti al millimetro da quando acquistai il mio primo libro di Dan Margulis in una libreria londinese, situata a un tiro di fionda dalla maggiore parte dei luoghi menzionati nell’intervista. Questo va davvero al cuore di tutto ciò che mi ha veramente interessato nella vita. Chiamatele coincidenze o come volete – questo è quanto.

La pagina principale dell'App.
La pagina principale dell’App.

La somma finale è che ho attivamente cercato per lungo tempo di sgropparmi di dosso la scimmia della musica. Fallimento epocale: gli eventi recenti, la chiamata di Armando, il mio coinvolgimento nella App dei Genesis sono semplicemente la prova che non si riesce a sfuggire a ciò che si è. Ci sono anche possibilità che la mia collaborazione con Armando prosegua verso lidi diversi, come scoprirete nell’intervista. Non importa quanto ci si provi: ciò che è vero, profondo e onesto ritorna sempre. Non sono perseguitato da quei tempi, e mi sento privilegiato di essere in grado di sopravvivere facendo ciò che sto facendo ora. Tuttavia, non pubblicare questa intervista mi darebbe una sensazione quasi di malvagità: contiene realmente la radice di tutto ciò che sono diventato, nel bene e nel male. Inoltre, è anche una storia forte di fotografia, post-produzione, e “quei giorni”. Nessuna nostalgia: tutto è ancora vivo e vegeto, quindi perché guardare al passato quando abbiamo il presente?

Dopo 30' di intervista ci stavamo divertendo un sacco…
Dopo 30′ di intervista ci stavamo divertendo un sacco…

L’intervista originale consisteva di 18 domande che avevo inviato ad Armando l’8 settembre 2014. Il giorno 22, con l’App appena pubblicata, mi propose di fare l’intervista via Skype. Un’ora dopo eravamo online: Nogaredo chiama Los Angeles! Si è davvero trattato di “amplificare il segnale, spazzare via il rumore” come Peter Gabriel direbbe. La lista di domande finì nel cestino pochi minuti più tardi, e noi ci lanciammo in una conversazione di due ore e mezza tra vecchi amici. Dal momento che siamo entrambi seriamente psicopatici, decidemmo di fare l’intervista in inglese invece che in italiano. Ho trascritto tutto, parola per parola, lo ho tradotto, e ho inviato il testo ad Armando per la sua approvazione finale. Ha corretto alcune parti e finalmente… eccolo qui. Ci ho messo moltissimo tempo, ma ne è valsa assolutamente la pena. Pertanto, quello che segue è la traduzione più letterale possibile della trascrizione più precisa possibile, ed è così lunga che ho dovuto dividerla in sezioni. Potete anche saltare quelle relative alla musica, se non vi interessano: ma vi suggerisco e vi prego di non farlo. Prendetevi il tempo, per una volta, perché il messaggio finale va molto al di là della musica, della fotografia, della post-produzione e di tutte le cose che abbiamo discusso. Si parla della vita e, per una volta, all’inferno Photoshop. L’originale è su MOon, se vi torna il gioco di parole.

Per questo, siete i benvenuti se vorrete leggere avanti. Per iniziare, cliccate qui.
Se invece avete dimestichezza con la lingua inglese, potete leggere le parole originali di Armando cliccando qui.

Soprattutto, godetevi la nuova App dei Genesis. È imperdibile, ed è gratuita – tranne il contenuto del libro che va acquistato. Ma però, dai, c’è dentro anche la mia musica!

One love! (“Un unico amore!” AG me lo ha scritto per 28 anni, e ora inizia davvero ad avere un senso.)
MO

5 commenti su “Armando Gallo e i Genesis: I Know What I Like”

  1. Marco, non ci siamo mai incontrati di persona, eppure, ascoltandoti nei tuoi video, seguendoti via FB e successivamente leggendoti sul tuo blog mi sembra di averti sempre conosciuto.
    Uno di quegli amici con cui condividi passioni e generi musicali.
    Dopo questo articolo, forse, ti conosco ancora di più… piano piano ce la farò a stringerti anche la mano.

  2. I miei complimenti per la tua bella storia e per la serie di articoli di/con Armando. Da amante dei Genesis e del libro di Armando, non ne conoscevo però la profondità … e ho tratto alcuni spunti interessantissimi di riflessione.
    Ti conoscevo per il sito e un bel corso che ho seguito su DVD, ma adesso conosco anche un poco la tua storia e apprezzo la tua versatilità e l’impegno che hai sempre messo nell’approfondire tutto quello che hai realizzato.
    Complimenti ancora !

    1. Grazie Andrea, quella di Armando è davvero una storia particolare e che fa riflettere su molti livelli. Curioso come la musica finisca sempre per mescolarsi ad altre cose, come l’immagine, il colore…
      A presto!

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