CCC Pescara 2012: dove nascono le idee

Print Friendly, PDF & Email

Il logo del Color Correction Campus.Circa un anno fa (correva il mese di marzo 2011) si teneva il primo CCC – Color Correction Campus a Pescara. La storia è nota: tutto nacque da un’idea di Francesco Marzoli, da me conosciuto alla tappa di Arrivano I Guru tenutasi ad Assisi pochi mesi prima. Francesco è uno di quei giovani creativi che non si accontentano di copiare lo stile altrui: vogliono innanzitutto imparare e comprendere per sviluppare un linguaggio proprio. Mi chiese di fare un incontro di formazione presso il mio studio e quando osservai che sarebbe stato meglio mettere insieme una classe – anche piccola – il CCC vide la luce in meno di dodici ore.

Dopo quella prima memorabile data mi ritrovai a pensare che era stato bello, che l’avevo fatto una volta nella vita e che non sarebbe capitato nuovamente. Invece ricapitò: nell’ordine, Napoli, Vicenza, Ostuni, Bologna, Roma, nuovamente Bologna, Parma e Verona hanno ospitato dei CCC di primo livello tra il mese di maggio 2011 e quello di marzo 2012. Caratteristica comune a quasi tutte queste classi è quella di essere state organizzate da studenti di classi precedenti, rimasti entusiasti della proposta.

Pochi giorni fa abbiamo collezionato il decimo CCC di primo livello, nuovamente a Pescara (che a questo punto si candida a ospitarne almeno uno all’anno, a questo punto) ma anche il primo CCC di secondo livello, un’idea in cantiere dallo scorso anno ma solo ora giunta alla prova del fuoco. Ciò che vorrei proporre in questo articolo è la mia opinione sulla didattica così come io la percepisco, anche allo scopo di fugare alcuni dubbi che ho potuto toccare con mano nel corso degli ultimi mesi.

Il primo punto, cruciale, è: cosa insegniamo? Rispondere “Correzione del Colore” non è sufficiente a mio modo di vedere: le persone che non l’hanno mai sperimentata hanno idee variegate su cosa sia questa disciplina. Ci sono anche delle frange estremiste che considerano la CC quasi dannosa. Chi ha invece frequentato almeno una classe con me sa che io insisto su un punto fondamentale: la CC, per me, ha un duplice scopo: la rimozione o riduzione dei difetti palesi dell’immagine e l’allineamento della stessa alla realtà, nei limiti del possibile. Ovvero, l’aumento del realismo percepito del soggetto ritratto in una fotografia.

Mi rendo conto che questa è quasi una non-definizione, ma da diverse parti ho percepito critiche talvolta acuminate contro l’idea che la rappresentazione corretta della realtà non possa prescindere da una corrispondenza il più precisa possibile tra i colori reali del soggetto (espressi in un qualche metodo adatto allo scopo, normalmente Lab) e i colori riprodotti a monitor, su carta o su qualsiasi altro supporto. Questa posizione è rispettabile, ma viene puntualmente negata e superata dalla nostra esperienza. In altri termini: un colorimetro o uno spettrofotometro sono strumenti utilissimi nel contesto giusto, ma sono anche spesso in contraddizione con ciò che il nostro occhio percepisce. Si tratta quindi di decidere se vogliamo lusingare uno strumento oppure i nostri sensi.

Un esempio di contrasto simultaneo al lavoro.
Il quadrato centrale ha colore uniforme o no? A prescindere da questo, è un quadrato?

Non è difficile fare un esempio. Nell’immagine a fianco, abbiamo la netta sensazione che il quadrato centrale non sia esattamente un quadrato; soprattutto, che non sia un quadrato omogeneo, ovvero che la sua tonalità di grigio non sia uniforme. In realtà è entrambe le cose: la nostra sensazione che abbia i lati ricurvi e che i suoi vertici siano più chiari della parte centrale non corrisponde alla realtà (dove per realtà intendiamo: “questo è un quadrato e ha un colore uniforme”). Tralasciamo il fenomeno dell’apparente curvatura dei lati, che ci interessa meno, e concentriamoci sulla luminosità. State guardando in faccia il contrasto simultaneo: i vertici sembrano più chiari perché confinano con un’area più scura del quadrato stesso; per lo stesso motivo, le parti centrali dei lati sembrano più scure perché sono adiacenti ad aree più chiare. Non potreste mai convincere uno strumento ad ammettere questo; neppure il Pannello Info di Photoshop vi aiuta. Pertanto, riconoscendo che abbiamo a che fare con una percezione particolare di ciò che dal punto di vista numerico è indubitabile,  chiamiamo questo genere di effetto illusione ottica. Dal mio punto di vista è errato: non si tratta affatto di un’illusione; semplicemente, noi vediamo in questo modo. Qualsiasi essere umano dotato di una vista normale concorderebbe sul fatto che i vertici del quadrato appaiano più chiari del suo interno, pertanto – ci piaccia o no – siamo necessariamente costretti a concludere che i vertici sono più chiari. Se nessuno potrebbe affermare il contrario, questa diventa una specie di dogma fondante della visione.

Di questo e di altri argomenti simili ha parlato Daniele Di Stanio nel secondo modulo del CCC di secondo livello, intitolato “Colore e percezione”. Daniele è senza dubbio il più esperto su queste tematiche nel contesto del nostro gruppo, e gli sono estremamente grato di avere avuto il coraggio di esporle nell’arco del pomeriggio di sabato 15 aprile. Ho scritto coraggio a ragion veduta: non è del tutto banale presentarsi davanti a una classe che ha pagato per apprendere delle tecniche e parlare per un’ora e mezza di argomenti teorici sulla pura fiducia che gli stessi hanno enormi ripercussioni dal punto di vista pratico; argomenti, tra l’altro, non completamente spiegati dalla teoria fondamentale e pertanto facilmente criticabili a priori. Inoltre, non per orgoglio ma per realismo, mi chiedo in quale altro corso fuori dall’ambito accademico, un momento formativo etichettato comunemente come “corso di Photoshop”, Daniele avrebbe trovato lo spazio per parlare di ciò che gli sta a cuore davanti a una platea attenta e interessata: il successo di questo va attribuito al 20% all’apertura mentale che spero di avere dimostrato nei confronti della didattica, ma all’80% alla qualità degli studenti presenti in classe e alla loro fiducia. A loro e a Daniele, naturalmente, va il mio grazie.

Il secondo punto è proprio legato a questo: a chi insegniamo la CC? La mia più grande fortuna, credo, è stata quella di avere un gruppo di allievi dalle competenze estremamente variegate. Fotografi professionisti, fotoamatori, grafici, operatori di prestampa, perfino una persona che si occupa di CC in ambito video. Questo mi ha aiutato moltissimo perché mi sono confrontato con diversi modi di pensare e diversi linguaggi. Dopo un anno, mi sono convinto che l’errore più grande che si potrebbe fare sarebbe quello di voler confinare la CC all’ambito professionale. Cerco di spiegarmi con un paragone. A dispetto del fatto che esistano oggi macchine fotografiche incredibilmente user-friendly, auspicherei che chi scatta più di una fotografia al mese comprendesse almeno i rudimenti dell’esposizione e della messa a fuoco. Il fatto che queste funzioni siano disponibili in automatico non è un buon motivo per ignorare il loro utilizzo e i principi su cui si basano. Nella CC le cose sono analoghe: chiunque si accinga a fare anche la più semplice post-produzione su un immagine dovrebbe essere in grado di valutare e correggere una dominante, comprendere cosa sia un profilo colore e via dicendo. Le cose in realtà non stanno così, e riassumo in dieci punti alcune cose che ho regolarmente toccato con mano nell’arco degli ultimi mesi.

  1. La maggior parte dei fotografi non è in grado di leggere il colore in Lab.
  2. La maggior parte dei fotografi si rassegna ad avere stampe diverse da ciò che vede a monitor e si ostina a pensare che questo sia solo un problema di calibrazione.
  3. La maggior parte dei fotografi fatica ad effettuare una corretta conversione da RGB in CMYK anche se il loro lavoro è destinato a un output prevalentemente tipografico e preferisce non uscire dal mondo RGB-centrico, in cui tutto sembra più semplice. Sembra, beninteso.
  4. Praticamente tutti hanno una discreta confusione in merito alla maschera di contrasto, al suo ruolo e a come convenga utilizzarla. Però tutti la usano.
  5. Un numero incredibilmente elevato di persone confonde la gestione del colore con la correzione del colore. Tra queste, anche un insegnante che propone un corso di “Gestione del colore in Lab” il cui programma è in realtà relativo alla CC.
  6. La maggior parte dei grafici non sa esattamente che fare davanti a un’immagine fornita in formato RAW.
  7. Il concetto di gamut e le sue implicazioni sono nebulosi per i più.
  8. Uno stampatore fatica a comprendere che due macchine da stampa digitale di marca e modello diversi difficilmente produrranno risultati identici, a dispetto del cross-profiling che viene messo in atto in questi casi.
  9. Pochissimi hanno compreso il ruolo chiave che una prova di stampa attendibile ha nel contesto della stampa tipografica e la considerano spesso un optional, con risultati spesso catastrofici.
  10. Alla grande maggioranza degli operatori è stato inculcato il concetto che un istogramma leggermente spettinato è sintomo inequivocabile di un’immagine irrimediabilmente danneggiata.

Potrei continuare, ma mi fermo a questo. Il risultato, per quanto mi riguarda, è che sembra assai opportuno cercare di far arrivare almeno i concetti fondamentali della CC anche alla massa e soprattutto agli studenti oltre che ai professionisti: unica speranza, a mio avviso, che i professionisti di domani abbiano meno problemi e soprattutto meno zavorre da abbandonare lungo la strada.

Terzo punto, forse il più importante: come va insegnata la CC? Mi sono convinto che nella stragrande maggioranza dei casi le nude regole pratiche non servono a nulla. Il fatto che una persona assimili il processo di correzione di una singola immagine non garantisce in alcun modo che sarà in grado di intervenire anche su altre immagini, magari analoghe. Quindi il mio approccio è duplice: con una mano insegno le tecniche, ma con l’altra cerco di trasmettere le idee alla loro base. Dai feedback ricevuti e dai risultati ottenuti dopo un anno sono convinto che questa sia una scelta vincente. Proprio a Pescara, nel corso di primo livello, è stata consegnata una versione di un’immagine che merita un case study a sé perché dimostra quanto complessa ma anche quanto esaltante possa essere la materia di cui ci occupiamo e perché va diritta al cuore di ciò che ho appena affermato.

L'immagine originale.
L’immagine originale: tutti gli allievi del CCC l’hanno affrontata.

Chiunque abbia seguito un CCC di primo livello si è scontrato con questa immagine. Per quasi un anno questa è stata la prima correzione di un’immagine a colori, in RGB, proposta come esercizio. Dal punto di vista dell’esecuzione è semplice e la si può realizzare con un singolo set di curve. Nella sezione dedicata ai prima e dopo del sito ufficiale del CCC riporto una versione ottenuta dall’unione al 50% di due versioni elaborate da Fabrizio Giammarco e Antonio Pesacane nel corso del primo CCC (Pescara 2011), indubbiamente migliore dell’originale. La versione è la seguente:

La fusione delle versioni ottenute da due studenti.
La versione migliore uscita dal primo CCC di Pescara nel 2011: una fusione di due versioni (studenti: FG / AP).

In che termini questa versione è migliore? I soliti: è venuta meno la dominante, il colore degli animali è più credibile, sono aumentati contrasto e dettaglio – assieme alla variazione cromatica. All’epoca avevo anche prodotto una mia versione dell’immagine, più satura e contrastata, per mettere ulteriormente in evidenza gli animali, e l’avevo inserita in coda all’articolo citato all’inizio di questo post. Dal mio punto di vista la mia versione era migliore, ma stavo in un certo senso barando: per realizzarla avevo utilizzato una tecnica che gli studenti di Pescara non avevano sentito durante il corso. Successivamente ho spostato questa immagine all’interno del quarto modulo didattico del CCC del I livello, nel quale affrontiamo il contrasto locale. La fotografia può beneficiare dall’utilizzo di una tecnica, la sovrapposizione invertita (o overlay invertito), che enfatizza molto il contrasto nelle luci e nelle ombre ed è altamente modulabile e personalizzabile.

La versione di Andrea Re uscita dal CCC di I Livello di Pescara 2012.
La versione più interessante uscita dalla sessione di Pescara 2012, I livello (studente: AR).

All’apertura delle versioni consegnate mi è stato immediatamente chiaro che la versione che potete osservare qui a fianco, opera di Andrea Re, aveva qualcosa di particolare. Certamente è di gran lunga superiore a quella che fino a quel momento avevo considerato essere una possibile versione di riferimento, ovvero la mia. Il motivo della straordinaria enfatizzazione del contrasto locale va ricercato nell’approccio di Andrea, che non è affatto banale. Andrea non si è limitato ad applicare la tecnica della sovrapposizione invertita, ma lo ha fatto due volte.

I livelli della versione di Andrea Re.
Doppia sovrapposizione invertita: chi l’ha inventata?

In rosso ho evidenziato i due livelli che controllano di fatto il contrasto locale. Sono identici, ma il metodo tradizionale ne prevede uno. Andrea invece si è spinto più in là: il primo livello in basso è canonico; la copia è, per così dire, una sua invenzione – certamente una sua intuizione. Andrea ha ridotto l’opacità di quest’ultimo al 70% ottenendo un’immagine con la gamma dinamica inaccettabilmente compressa e l’ha poi riportata alla ragione, per così dire, con il livello superiore di scurimento. Devo essere onesto: non ci avevo mai pensato, e non ricordo di avere visto nessuno operare in questo modo. Eppure ha funzionato. Quello che chiedo è: Andrea avrebbe avuto la stessa idea se io non avessi insistito sul significato del contrasto locale, sulla sua necessità, su come si enfatizza, su quale funzionamento del sistema visivo si cerca di cortocircuitare per dare la sensazione di maggiore realismo alla scena? Forse sì. Ma magari anche no. Certamente, quello che ho detto non è stato inutile; ma voglio anche credere che sia stato alla base di una scelta, istintiva finché vogliamo, ma dettata dall’accendersi di una piccola lampadina – quella che si vede quando i vari pezzi cadono in ordine al posto giusto. Da notare che la struttura dei Livelli riprodotta qui sopra rispecchia un piccolo errore di ingenuità: la regolazione Ombre/Luci è stata eseguita prima delle curve finalizzate alla correzione della dominante. Questa in linea di principio è un’inversione del flusso di lavoro standard, anche se è probabilmente irrilevante su un’immagine come questa. Ma lo sottolineo perché è la dimostrazione palese di come una persona che sta muovendo i suoi primi passi nella materia può arrivare a una soluzione brillantissima pochi livelli sopra quello che si potrebbe addirittura considerare un errore.

Rientrato da Pescara ho scritto ad Andrea per togliermi un dubbio: conosceva già la tecnica della sovrapposizione invertita o l’aveva applicata per la prima volta in classe? Ecco la sua risposta:

Per quanto riguarda i rinoceronti, la tecnica dell’overlay invertito l’ho usata per la prima volta a Pescara. Immagino che tu ne abbia accennato nel DVD (correzione di 20 fotografie) che ho comprato al Photoshow ma che ho visto un po’ di corsa solo la sera prima di partire per il CCC.

Se non sbaglio poi l’esercizio era proprio su quello o l’avevi appena spiegata e quindi l’ho usata. Confrontando poi la variazione ottenuta, dopo l’aggiunta del livello “scurisci” , mi è sembrato che ci fosse spazio per rafforzare l’effetto (non quindi al 100%) per ottenere più variazione soprattutto nella pancia del rinoceronte a destra.

(…)

Forse si potrebbe valutare il raddoppio, a seconda della foto, ma con parametri diversi di sfocatura e di opacità.

A mio parere l’ultima frase di questa citazione è così importante che voglio enfatizzarla: “Forse si potrebbe valutare il raddoppio, a seconda della foto, ma con parametri diversi di sfocatura e di opacità.” Questo non fa parte del mio programma e non è una forma standard della tecnica della sovrapposizione invertita: questa è un’idea che può nascere solo da una comprensione precisa di come funzioni la tecnica originale. È a tutti gli effetti un’espansione della stessa. Insomma, è un’idea. E le idee nascono soltanto da altre idee.

In questo lungo articolo non ho voluto parlare tanto dei dettagli dei due Campus appena conclusi, quanto della filosofia alla base di ciò che io intendo come insegnamento. Non è ovviamente l’unica idea possibile, e credo che ognuno abbia il dovere di sperimentare i propri percorsi e verificare dove conducono, ma di una cosa sono certo: non è possibile insegnare compiutamente senza desiderare che i propri allievi comprendano realmente, nel profondo, la natura della materia. Da Andrea, in questo caso specifico, ho avuto in dono un’idea che non avevo considerato prima. Forse mi sarebbe arrivata da sola, nella necessità, forse no: ma non so chi tra noi due ha imparato di più dall’altro. Pertanto non posso che ringraziare, in ordine, tutti i miei studenti e i partecipanti alle due classi pescaresi:

Gli studenti del CCC di I Livello, Pescara 2012.
Gli studenti del CCC di I Livello, Pescara 2012.

Da sinistra a destra, gli studenti della classe di primo livello: Giuseppe Silvestrini (Castellammare di Stabia, NA), Andrea Re (Roma), Francesco Paolo Albano (Perugia), MO, Antonella Desiati (Bari), Francesco Marzoli (Pescara, organizzatore CCC), Francesca [Myriam] Machella (Macerata), Romolo Di Michele (Pescara).

Gli studenti del CCC di II livello, Pescara 2012.
Gli studenti del CCC di II livello, Pescara 2012. DOPO il corso, naturalmente.

Da sinistra a destra, gli studenti della classe di secondo livello, dopo i due giorni trascorsi nel “colorato bunker” del Victoria Hotel: Fulvio Bosco (Torino), Doris Franceschini (Salorno, BZ), Fabio Bertozzi (Parma), Andrea Re (Roma), Giuseppe Silvestrini (Castellammare di Stabia, NA), Francesco Marzoli (Pescara, organizzatore CCC), MO, Daniele Di Stanio (Roma, docente di supporto), Massimiliano Cecchini (Trento), Beatrice Pirani (Bologna), Francesco Torricelli (Martina Franca, TA).

Davvero, grazie a tutti! Soprattutto per la risposta che mi ha quasi sorpreso alla domanda posta alla fine di tutto: “dovrebbe esserci un CCC di terzo livello?” Coro unanime di “sì”. Bene, ci penseremo… non prima di un anno, e solo se ci sarà qualcosa di realmente importante da dire e da fare. Fino a quel momento continuiamo (e continuate a lavorare) e grazie del pezzo di strada che abbiamo condiviso fin qui.

A presto!

P.S.: se qualcuno volesse giocare con la versione originale dei rinoceronti così come viene proposta nel primo livello del CCC, la può scaricare qui.

6 commenti su “CCC Pescara 2012: dove nascono le idee”

  1. Da un grande Maestro (Marco Olivotto) ed un ottimo team ( Daniele Di Stanio, Alessandro Bernardi, Tiziano ed Altri) si possono apprendere tecniche e segreti fondamentali per la correzione colore e gestione colore e ridurre o estinguere spiacevoli errori/delusioni.
    Grazie di esistere ed insegnarci le VS tecniche in modo ed linguaggio molto comprensibile.
    Grazie MO, DDS, TF, AB.

  2. Ciao Marco è stato veramente interessante partecipare ai due livelli del ccc .Da professionista consilgierei a tutti i fotografi, di Matrimoni e non di apprendere la color correction! E DI APPROFONDIRE QUESTE TECNICHE (sconosciute a molti colleghi) e vi posso garantire che si riscontrano dei risultati stupendi e non solo anche tecnicamente si migliorano delle immagini che altrimenti sarebbe stato impossibile correggere cromaticamente.Marco Olivotto Grazie.

  3. Interessante l’idea di avere più sovrapposizioni invertite magari a raggio diverso (tuttavia non so se la “doppia” rappresentata in questo articolo ha raggi diversi).

    In questo caso, che ordine sarebbe meglio dare alla successione dei livelli, crescente? Ad esempio, livello di sfondo, inverted a raggio 25, inverted a raggio 100 etc…ed in cima copia del livello di sfondo in fusione scurisci.

    Allo stesso modo, potrei utilizzare applica immagine per applicare il livello inverted (precedentemente creato nella paletta canali) in ovarlay e poi sul livello stesso dare fusione scurisci evitando la copia del livello di sfondo.

    Saluti,

    1. Gaetano,
      difficile dirlo, bisogna fare delle prove. Di solito nelle tecniche di sharpening si parte dai raggi più alti sotto e si sale con i raggi più bassi, ma temo che la cosa sia molto image-dependent. Penso che se un’immagine merita una tecnica del genere, che è abbastanza laboriosa, possa avere senso spendere un minuto a provare quale combinazione sia la migliore.
      Se invece vuoi fare tutto con un livello in meno certamente si può, ma si perde naturalmente un po’ di flessibilità nel caso si decida a posteriori di cambiare l’opacità dei livelli stessi. Dipende, insomma, dal flusso di lavoro seguito.

      Un caro saluto!
      MO

  4. Un ultima domanda sull’argomento; fai notare che Ombre/Luci viene eseguita prima delle curve finalizzate alla correzione della dominante. Essendo la sovrapposizione invertita una versione più modulabile e personalizzabile di Ombre/Luci, qual è la necessità di iniziare, nel contesto di quella immagine, con tale correzione? Forse per agire solo sulle ombre mentre poi con la sovrapposizione invertita ci si occupa dei quarti di tono?

    In effetti, raramente vedo esempi di questa tecnica concludere con copia del livello di sfondo in fusione “Lighten” invece che scurisci.

    Grazie di tutto.

    1. No, la tecnica è sostanzialmente la stessa, solo che viene realizzata in maniera diversa. L’idea di massima è questa: se un’immagine ha necessità di un intervento simile, si prova con Ombre/luci con i parametri di default del PPW: non sono universali, naturalmente, ma sono migliori di quelli piuttosto estremi nelle ombre proposti da Adobe. A quel punto i casi sono tre: o l’immagine migliora sensibilmente, o non molto, o è un disastro. Nel primo caso, si lascia Ombre/luci magari modulandone l’opacità; non serve sovrapposizione invertita; nel secondo caso si valuta, a seconda dell’importanza dell’immagine e del tempo che possiamo dedicarle; nel terzo caso si butta Ombre/luci e si procede con la sovrapposizione invertita, provando anche diverse combinazioni di canali. Raramente, per non dire mai, le due tecniche si sovrappongono.
      Si parte con Ombre/luci per ragioni di velocità: è un singolo clic, non vale la pena di impazzire troppo con i suoi parametri. Se funziona, bene; se non funziona, si annulla e si segue un’altra strada.

      A presto!
      MO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *